Ultimatum ai migranti irregolari africani: o fuori dal Paese entro aprile o dentro le prigioni ebraiche. Fate un po’ voi.
Il Governo israeliano in questi giorni ha deciso di dare il via all’espulsione coatta di circa “38.000 migranti entrati illegalmente in Israele, principalmente da Eritrea e Sudan”.
Ossia tutto il contrario di ciò che fa l’Italia, che offre accoglienza indiscriminata a tutti e sostiene la macchina burocratica per le richieste d’asilo, alimentando il cosiddetto business immigrati.
“Hanno fino alla fine marzo per andarsene – ha dichiarato ieri il premier israeliano Benjamin Netanyahu – e ad ognuno di loro saranno forniti un biglietto aereo e 3.500 dollari (2.900 euro, ndr) in contanti. Chi resterà in Israele oltre tale scadenza sarà arrestato. Ogni Paese deve mantenere i propri confini e proteggerli dall’infiltrazione illegale. Si tratta di un dovere basilare e di un diritto per uno Stato sovrano”.
Il provvedimento è arrivato dopo l’annunciata chiusura del centro Holot nel deserto del Negev, per la gestione di quelli che lo Stato ebraico definisce “infiltrati”. Non certo migranti, profughi, rifugiati, richiedenti asilo, irregolari, come invece è in uso nel Bel Paese, dove chi talvolta si permette di chiamarli “clandestini” viene condannato dal giudice.