Vincenzo Bellini ( 1801-1835 ) nasce a Catania da una famiglia di compositori ed esecutori di musica sacra, alla quale viene avviato dal nonno paterno.
Nella sua breve vita il nostro autore compone, con attenzione alla qualità e quasi nessuna alla prolificità commerciale, dieci opere, in primis accolte con poco entusiasmo da spettatori dai gusti provinciali e non avvezzi all’originalità del compositore, seppur generalmente comprensive sia di elementi classici che di indulgenze di gusto romantico verso situazioni passionali estreme.
La svolta professionale di Bellini avviene a Milano, dove approda nel 1827 e dove, in collaborazione con il librettista genovese Felice Romani, scrive otto opere, di cui la penultima è appunto “Norma” .
La musica di Bellini tradisce le radici sacre: è una melodia dolce ed imprevedibile, quasi da coro angelico, che comincia in sordina, di sottofondo al canto, poi improvvisamente si alza per ridiscendere ancora ed inaspettatamente risalire, in armonia perfetta con il tumulto delle passioni, dei rimpianti, delle incertezze che riempiono l’animo dei personaggi. “Norma “ è un’opera difficile da cantare: non per niente “Casta Diva” rappresenta quasi sempre il banco di prova delle giovani soprano.
Norma è un personaggio vibrante, capace di scuotere coscienze di uomini e donne e mentalità misogine, anche da parte femminile, tuttora robustamente in atto.
La potente ed ascoltata sacerdotessa ( e come tale destinata ad essere incompiuta come donna, nè moglie nè madre), per consentire la propria realizzazione ha dovuto mentire: vive in segreto l’amore e la maternità con un nemico del suo popolo, il comandante dell’occupazione romana Pollione.
Quando la donna si accorge di essere tradita non se la prende con la rivale, ma con il suo uomo, capace di ingannare sia lei che l’altra.
Nonostante la propria situazione dolorosa e nebulosa, Norma è una coscienza lucida, il testo ci offre almeno in tre occasioni un esempio non consueto di solidarietà femminile: toccante il colloquio della protagonista con Adalgisa, che ignara, le confida di avere un amante e lei, sotto l’emozione del ricordo della nascita del proprio amore, la scioglie dai voti senza indugi.
Anche in seguito, quando la verità si è palesata, le due donne non diventano rivali: Adalgisa si schiera decisamente con Norma, rifiutando di seguire Pollione a Roma.
E ancora, quando il tragico epilogo si è ormai delineato, Norma invita Adalgisa a sposare Pollione e a riunirlo ai suoi due figli.
Lo spettacolo del 27 gennaio rappresenta il debutto di Desirée Roncatore, giovane artista siciliana di sicuro talento, che, dopo un inizio di maniera, ha “scaldato” la propria voce verso un crescendo trionfale, vergato dall’applauso finale interminabile del pubblico, il quale ne ha evidentemente apprezzato anche la tecnica belcantista ( tra cui l’agilità di fraseggio e l’uso della voce come strumento).
Di tutto rispetto e assolutamente all’altezza gli artisti interpreti dei personaggi maschili.
Ammirevoli i plastici e multicolori quadri d’insieme. Un plauso per la scenografia fissa, affascinante, ardita, colma di messaggi arcaici palesi ed occulti, che pare voler trasmettere allo stupito pubblico.
Elisa Prato