La verità è che non diciamo la verità. O meglio, in parecchi casi, della verità molto omettiamo. Certi pensieri insistenti e pesanti, tra genitori e figli, tra partner, tra amici, tendono a restare sottotraccia, irrivelati ed irrisolti. Costituendosi, via via, pesante zavorra.
Esprimendo la questione attraverso un quadro concettualmente ultra-sintetico, non è raro assistere al paradosso di una maggiore sincerità tra estranei piuttosto che tra familiari.
In barba alla fiducia ed a tante circostanziate parole, non di rado persiste un profilo ombroso, disconosciuto, secretato, tale da compromettere irrimediabilmente, se disvelato, qualsivoglia rapporto, anche di lunga data.
Esattamente come nel film “Perfetti sconosciuti” (2016), impietoso e dissacrante prodotto cinematografico dei nostri tempi, la coppia permane reciprocamente inesplorata, sconosciuta agli stessi componenti. Cosicché una (s)fortunata cospirazione di eventi, può disvelarne la drammatica verità. E disgregarne l’unità.
Il concetto di “verità” attiene facilmente e naturalmente a principi più filosofici che pratici; non a caso, in una quota percentuale di rapporti sociali ed affettivi, l’ “omissione” è una forma di verità molto praticata.
D’altronde, essere sinceri implica rivelare apertamente proprie opinioni, punti di vista, anche giudizi eventualmente opposti all’altrui pensiero. E siamo tutti ben consci che tale sincerità può comportare dissidi e dispute animose. Nonché, insanabili compromissioni del rapporto.
Nondimeno, è necessario un distinguo. Poiché, se un rapporto tra genitori e figli è, di norma, un legame indissolubile, inaggredibile da qualsivoglia avvicendamento della sorte, diversamente accade negli altri tipi di legame, date la natura e la struttura instabili e precarie.
Se, quindi, nel primo tipo di rapporto, può teoricamente presiedere un discreto margine di sincerità, non così sempre accade nel secondo tipo, acclarata e ribadita la sua intrinseca disgregabilità.
Per tali motivi, quindi, non ci si attenda un costante esercizio di verità. L’implicito compromesso tra le parti in causa dispone, non di rado, la reciproca convenienza a permanere in uno stadio limbico.
Di ciò, in svariati casi, con evidenza, ci accontentiamo.
D’altronde, non è forse questa l’esemplificazione di una educazione che ci tramanda, come esercizio trascendente, la prudenza, il sacrificio, la sopportazione?
Massimiliano Barbin Bertorelli