“Quanto abbiamo affrontato in consiglio comunale è uno di quei passaggi di estrema delicatezza e sensibilità che per natura, si sa, scatena reazioni. Reazioni che si possono considerare lecite se non scivolano in reazioni di violenza e aggressività che poco hanno a che fare con la democrazia. Ciò non significa un livellamento di uguaglianza da un punto di vista storico e politico. Però vorremmo anche poter dire, in un contesto di democrazia, che l’assolutizzazione della ‘giusta causa’ dei partigiani contro la ‘causa sbagliata’ dei cosiddetti repubblichini, ha tracciato un confine di legittimità democratica che, se ha valore per un giudizio storico-politico complessivo sulla Liberazione, non può valere come criterio nelle considerazioni di vicende personali”.
Lo ha dichiarato oggi la capogruppo comunale della Lega, Lorella Fontana, durante il suo intervento a difesa del sindaco Marco Bucci sulla questione della fascia tricolore concessa al consigliere delegato Sergio Antonino Gambino che il domenica 29 aprile ha partecipato alla commemorazione dei Caduti RSI a Staglieno.
“Non tutti i ‘ragazzi di Salò’ furono volontari – ha aggiunto Fontana – certamente non tutti furono fascisti spietati e irriducibili. Altrettanto crediamo che non tutti furono sanguinari.
Una cosa è certa. Tutti portarono sulle proprie spalle la responsabilità di aver sposato una causa che ha portato il Paese a diventare baluardo di un regime totalitario. Causa che, se per taluni ha rappresentato la morte in nome di un’idea o di un’infatuazione ideologica di gioventù, per altri è stata un passaggio di vita che successivamente alla caduta del regime divenne esattamente un cambio di casacca.
Persino Eugenio Scalfari, che fino alla caduta del fascismo sostenne l’economia corporativa, dichiarò, con onestà, che nel dopoguerra ‘quaranta milioni di fascisti scoprirono di essere antifascisti’.
E vorrei ricordare anche un premio Nobel, Dario Fo, divenuto un simbolo della sinistra, che si arruolò a 18 anni come volontario nel battaglione Azzurro di Tradate e poi tra i paracadutisti del Battaglione Mazzarini della Repubblica Sociale Italiana.
Come Lega crediamo che, un conto sia il giudizio storico-politico su fatti sanguinari e tragici che il nostro Paese ha vissuto, un altro sia che, a distanza di 73 anni da quella pagina di storia, oggi si renda necessaria una capacità di discernere la commemorazione di migliaia di ragazzi e soprattutto di ragazze che, quando tutto era perduto, si schierarono dalla parte di Salò e non da quella dei diritti e delle libertà.
Ecco perché riteniamo, proprio in nome della democrazia e della ‘pietas’ che anche quei morti siano degni di pietà e della commemorazione anche delle istituzioni“.
Sintesi sentenza giudici Varese 1979 su caso Dario Fo: «È certo che Fo ha vestito la divisa del paracadutista repubblichino nelle file del Battaglione Azzurro di Tradate. Lo ha riconosciuto lui stesso – e non poteva non farlo, trattandosi di circostanza confortata da numerosi riscontri probatori documentali e testimoniali – anche se ha cercato di edulcorare il suo arruolamento volontario sostenendo di avere svolto la parte dell’infiltrato pronto al doppio gioco. Ma le sue riserve mentali lasciano il tempo che trovano. […] lo rende in certo qual modo moralmente corresponsabile di tutte le attività e di ogni scelta operata da quella scuola nella quale egli, per libera elezione, aveva deciso di entrare. È legittima dunque per Dario Fo non solo la definizione di repubblichino, ma anche quella di rastrellatore».
Sintesi commento 2004 di Oriana Fallaci su Dario Fo: «Fui esposta al pubblico oltraggio. Istigato, questo, da un vecchio giullare [Dario Fo] della repubblica di Salò. Cioè da un fascista rosso che prima d’essere fascista rosso era stato fascista nero quindi alleato dei nazisti che nel 1934, a Berlino, bruciavano libri degli avversari».