Domani alle 16.30 presso l’Hotel Rex in via De Gaspari 9 a Genova Albaro è in programma la conferenza intitolata “Una voce nel silenzio si racconta”, che vedrà come relatori Stefano Pavesi, Francesco Baj, Giacomo Traverso (volontari di “Una Voce nel Silenzio”). Interverrà lo storico e giornalista genovese Alberto Rosselli.
L’appuntamento culturale è incentrato sulla persecuzione dei cristiani nei paesi a maggioranza musulmana e di quelli presenti nella Cina comunista, dove le minoranze sono costrette a vivere in un clima poliziesco e, comunque, di netta discriminazione.
I temi che verranno trattati spazieranno dalla situazione mediorientale a quella balcanica e saranno affrontati dai volontari di “Una voce nel silenzio” che illustreranno le varie missioni umanitarie svolte negli anni, con un excursus da parte di Rosselli (in particolare sulla situazione armena e cinese, ma anche su Turchia, Siria e Iraq).
“Una Voce nel Silenzio – spiegano gli organizzatori – ha l’obiettivo di dare voce a tutte quelle Comunità che oggi sono perseguitate per la loro fede cristiana e nasce nell’ambito di ‘Bran.co Branca Comunitaria Onlus’ che da sempre fa dell’Identità, della Comunità, e del Solidarismo i tre pilastri fondamentali della propria azione.
Il progetto nasce con lo scopo di fare luce sulla questione relativa alle persecuzioni dei cristiani nel mondo ma rapidamente estende il suo raggio d’azione alle missioni umanitarie e all’aiuto diretto in favore di comunità oppresse, private della loro autonomia e della loro libertà.
La nostra prima missione si è svolta in Siria, paese vessato da anni di guerra contro il terrorismo. Abbiamo raccolto in Italia materiale di prima necessità (indumenti, medicine, materiale infermieristico) da donare alla popolazione siriana nell’ambito del progetto da noi promosso “Emergenza Siria”.
Nel gennaio del 2016 siamo partiti alla volta di Damasco per conoscere personalmente la realtà del Paese e consegnare – altrettanto personalmente – il materiale raccolto e inviato tramite container. Durante la nostra visita siamo stati ricevuti da ministri, autorità religiose (cristiane e musulmane) e da alcunigenerali che hanno voluto accompagnarci in prossimità della linea del fronte. Tutti hanno confermato le atrocità che ogni giorno l’ISIS compie ai danni della popolazione siriana, compresa la sistematica distruzione e profanazione dei luoghi sacri, difesi e ricostruiti con coraggio dalle milizie governative.
Durante la nostra missione abbiamo potuto visitare il villaggio cristiano di Maaloula, distrutto dai miliziani di Al-Nusra, e siamo stati ricevuti dalle suore del convento di Santa Tecla che hanno voluto narrarci dei giorni dell’assedio, e la significativa storia legata alla statuaraffigurante Maria che, dopo la liberazione del villaggio, è stata riconsegnata alla sua posizione originaria dall’esercito di Hezbollah. Con il nostro contributo molte persone hanno potuto ricevere ciò che gli spetterebbe di diritto: i beni di prima necessità venuti a mancare a causa di un conflitto ingiusto nato per meri interessi economici e voluto da potenze esterne.
Il secondo programma (in termini temporali) di aiuto umanitario da noi promosso è stato rivolto ai cristiani residenti in Palestina. Le comunità palestinesi sono vittime di una persecuzione silenziosa e quasi totalmente ignorata. A Betlemme, dopo la costruzione del muro di confine con la vicina Gerusalemme che ha trasformato la città in una prigione a celo aperto, molte famiglie cristiane hanno subito gravi danni a livello economico e sociale; a risentirne sono state soprattutto le fasce più deboli della popolazione, oltremodo i bambini.
Oggi i cristiani in Terra Santa sono una netta minoranza, solo il 2% della popolazione totale, le comunità più numerose vivono a Betlemme, a Beit Jala e neivillaggi limitrofi. Abbiamo quindi dato avvio al progetto “Luci a Betlemme” che in due anni ci ha condotti a compiere due missioni umanitarie nella città palestinese. I fondi da noiraccolti tramite le iniziative svolte in Italia sono serviti per costruire l’impianto d’illuminazione del campo di calcio di Beit Jala, utilizzato dai bambini palestinesi, e a fornire materiale tecnico calcistico ai giovani della Football Academy.
Crediamo fermamente che il nostro supporto in ambito sportivo possa contribuire alla crescita fisica e intellettuale dei bambini: lo sport permette di infondere valori importanti come lealtà, rispetto, disciplina e contemporaneamente arreca un poco di sollievo, tramite il gioco e divertimento. La nostra missione continua senza alcuna sosta. Abbiamo voluto ‘adottare’ la comunità cristiana di Betlemme e continuiamo a darle il supporto necessario, affinché la gioventù possa vivere la vita degna e dignitosa che le si vorrebbe negare con la costruzione di sempre novi muri e l’isolamento forzato. Per questo abbiamo iniziato un nuovo progetto dal nome ‘StudiAMO a distanza’ che da la possibilità ai nostri concittadini di sostenere a distanza la carriera scolastica di un bambino di Betlemme e/o Gerusalemme (www.unavocenelsilenzio.it/sostegno-a-distanza/).
L’ultima missione umanitaria, in termini temporali, si è svolta a sostegno delle enclavi serbe ortodosse del Kosovo. Piccole comunità cristiane in un paese dove il 90% della popolazione è rappresentato dalla popolazione albanese e musulmana. I musulmani del Kosovo sono però notoriamente legati all’Arabia Saudita e all’ISIS, costituendo la più alta percentuale di foreign fighters tra le file del sedicente Stato Islamico.
In favore di queste comunità abbiamo raccolto materiale scolastico da donare ai bambini e, anche in questo caso, ci siamo recati personalmente sul posto per la consegna. Oltre a questo abbiamo raccolto i fondi per la ricostruzione di un’aula professori nella scuola di Orahovac e finanziato più volte i progetti dei Monaci di Decani. Le persone che abbiamo incontrato ci hanno raccontato quanto l’esistenza dei serbi e dei cristiani sia messa a dura prova dalle continue vessazioni albanesi.
Abbiamo avuto l’opportunità anche qui di parlare con vari sindaci serbi e con il comandante della missione KFOR generale Giovanni Fungo per presentare i nostri progetti anche alle alte cariche dell’Esercito italiano”.