La Serbia vuole il Nord del Kosovo, che è popolato principalmente da serbi, mentre Belgrado vorrebbe consegnare in cambio ai kosovari la regione che circonda la città serba meridionale di Presevo, che è per lo più popolata da albanesi. Scontri in atto.
PRISTINA 2 AGO. (dall’inviato Marcello Di Meglio) La diplomazia internazionale e le fazioni etniche locali qui in Kosovo le provano tutte per stabilizzare il Paese dei Balcani centrali in conflitto aperto dal 1997 al 1999 quando la NATO entrò nel territorio con la Missione Kfor composta anche da 3.500 soldati italiani tra Esercito e Carabinieri – MSU la Multinational Specialized Unit, cercando di separare le parti in causa e mantenendo da 18 anni un precario equilibrio di convivenza tra il milione e 600mila kosovari-albanesi e i 200mila serbi. Intanto il 17 febbraio 2008 il Kosovo ha unilateralmente proclamato la propria indipendenza non del tutto riconosciuta dalla comunità mondiale.
La Serbia ora ha sollevato la prospettiva di un nuovo accordo con il vicino Kosovo, separatosi proprio dalla Serbia 10 anni fa, intesa che potrebbe vedere i due Paesi disegnare nuove zone e scambiarsi blocchi di territorio. I motivi sono soprattutto di carattere demografico. Il Presidente serbo Aleksandar Vucic ha detto che se un tale accordo di “demarcazione” non sarà messo in atto, gli albanesi potrebbero diffondersi in tutta la Serbia nei prossimi anni a causa del loro alto tasso di natalità.
L’idea di Vucic è quella di ottenere per la Serbia il Nord del Kosovo, con capoluogo la città di Kosovska Mitrovica, che è popolato principalmente da serbi, mentre Belgrado vorrebbe consegnare in cambio ai kosovari la regione che circonda la città serba meridionale di Presevo, che è per lo più popolata da albanesi.
“Tutti i serbi sanno di aver perso il Kosovo, ma proverò a fare tutto quanto è in mio potere per recuperare ciò che posso, così che alla fine non si tratterà di una sconfitta totale o di una perdita totale” – ha detto ieri l’altro Vucic.
La Serbia, quindi, sarebbe pronta a riconoscere internazionalmente, seppur non esplicitamente il Kosovo (già riconosciuto da 110 paesi come uno stato indipendente) in cambio del ricongiungimento del Kosovo settentrionale alla Serbia.
La scorsa settimana, per la seconda volta in due mesi, il Presidente serbo Vucic e il Presidente del Kosovo Hashim Thaci si sono incontrati con l’Alto Rappresentante dell’Unione Europea per gli Affari Esteri, l’italiana Federica Mogherini, con l’obiettivo di raggiungere un accordo giuridicamente vincolante tra i due Paesi ma sembrano ancora molti gli ostacoli in campo.
“È stato un incontro breve, molto difficile, forse il più breve e il più duro di tutti gli incontri che abbiamo avuto negli ultimi sei anni” – ha commentato il Presidente del Kosovo Hashim Thaci (già a capo delle milizie indipendentiste dell’UCK durante la guerra di 18 anni fa) al termine dell’incontro.
Ma qui cominciano i problemi. Il Primo Ministro del Kosovo, Ramush Haradinaj (già vicecomandante dei partigiani UCK, chiamato a rispondere al TPI dell’Aja per crimini di guerra ma due anni fa completamente prosciolto dalle accuse e rientrato in patria acclamato come un eroe) , invece si è schierato contro il suo Presidente, respingendo l’idea della spartizione del Kosovo, anzi considerandola una vera e propria “guerra”: “Lo dico senza esitazione ed è pericoloso parlare di divisione, non può essere fatto in queste circostanze.
Il Kosovo si è separato dalla Serbia 10 anni fa dopo che gli albanesi, che costituiscono la maggioranza del territorio, si erano ribellati a quelli che consideravano oppressori.
Sebbene abbia perso il controllo sul territorio, Belgrado continua a rivendicare la sovranità sul Kosovo e i leader serbi hanno giurato di non riconoscere mai l’indipendenza del Kosovo. E per questo motivo la Serbia, sostenuta dalla Russia, sta bloccando l’adesione del Kosovo all’ONU, nonostante proprio l’ONU abbia, da subito dopo la guerra, messo sotto sua amministrazione il Paese con la Missione UNMIK.
Janjic: I serbi del nord del Kosovo fanno già le valigie.
Tuttavia, ora che si vede la chiaramente che il Governo di Belgrado vuole la divisione del Kosovo o lo scambio di territori, la diocesi ortodossa locale vuole dichiarare la sua, perché la chiesa si occupa delle persone. Monsignor. Teodosije ha avvertito dell’esodo delle persone, e va bene. Perché, dove non ci sono persone, non c’è una chiesa, e lui fino ad ora è stato responsabile del Kosovo in questo senso – dice Dusan Janjic, presidente del Forum per le relazioni etniche, in risposta alla domanda su come vede le ultime polemiche su un rappresentante della Chiesa ortodossa serba e funzionari serbi riguardo alla questione del Kosovo.
Il comandante della forza congiunta alleata della NATO a Napoli, l’ammiraglio James Fogo, ha detto che la NATO è pronta a reagire se scoppieranno violenti incidenti nella zona a maggioranza serba nel nord del Kosovo.
“I leader politici stanno cercando di risolvere alcuni problemi difficili; non tutti sono d’accordo con le democrazie. Alcune persone tendono a portare i loro disaccordi sulla strada. Raccomando vivamente di non farlo o, se lo fanno, di farlo pacificamente, come in tutte le democrazie civili.” – ha affermato Fogo.
La dichiarazione dell’ammiraglio arriva dopo che il famoso abate del Monastero ortodosso di Visoki Decani, Sava Janjic, aveva espresso la propria preoccupazione riguardo a potenziali scontri nel Kosovo settentrionale, progettati per portare a una rapida spartizione del territorio.
Janjic ha affermato di sperare che la KFOR e la NATO restino risolute nel preservare la pace.
“Spero vivamente che la comunità internazionale, specialmente USA e UE, non permetta a individui e gruppi irresponsabili di entrambe le parti etniche di provocare violenze in cui potrebbero essere coinvolte persone innocenti.” – ha aggiunto Janjic.
L’abate, inoltre, ha invitato i leader politici in Serbia e Kosovo di respingere le richieste di “un’eventuale spartizione territoriale e di assumere obblighi per un dialogo pacifico”, aggiungendo che, nel caso contrario, “dovranno assumersi una grande responsabilità politica e morale”.
James Fogo, della NATO, ha sottolineato che comunque la KFOR ha mezzi più che sufficienti per affrontare eventuali disordini.
“I 4.000 soldati della NATO che rimangono all’interno del territorio e sulle linee amministrative del Kosovo sono supportati. Quindi, se ci dovesse essere una necessità, risponderanno, e la NATO è molto, molto forte sia all’interno che all’esterno del Kosovo” – ha detto solo ieri Fogo.
Kosovo-Serbia: un legame mai nato
Il Kosovo ha dichiarato la sua indipendenza dalla Serbia nel 2008. Tuttavia, l’estremo nord del paese, compresa la metà settentrionale della città di Mitrovica, rimane sotto il controllo effettivo di Belgrado.
Nonostante la Serbia si rifiuti di riconoscere il Kosovo come stato, ha dovuto prendere parte ai colloqui mediati dall’UE con le autorità di Pristina per normalizzare le relazioni, al fine di perseguire il suo obiettivo di adesione all’UE. Inoltre, con l’avanzare dell’integrazione della Serbia nell’UE, a Belgrado si sta facendo pressione per risolvere finalmente le sue relazioni con la ex-provincia separatista, che la maggior parte dei membri dell’UE ha riconosciuto dieci anni fa.
In combinazione con questa pressione, parlare di uno scambio di territori – scambiare le aree a maggioranza albanese nella Serbia meridionale per quelle a maggioranza serba nel Kosovo settentrionale – è un tema nuovamente sorto tra alcuni politici serbi e kosovari, anche se non è mai stato ufficialmente sollevato.
Ministero della Difesa: Kosovo, Carabinieri Msu concludono primi due corsi di addestramento a favore polizia locale
Intanto anche l’Italia si muove in attesa dell’evoluzione degli eventi appesi ad un filo. I Carabinieri del Multinational Specialized Unit – MSU schierati a Pristina, capitale del Kosovo, hanno portato a termine i primi due moduli di quattro del progetto finanziato dall’Unione Europea chiamato “Further Support to Kosovo Institutions in their Fight Against Organised Crime, Corruption and Prevention of Violent Estremism”, in collaborazione con la Compagnia di sicurezza privata “B&S Europe”, a favore di 20 agenti delle squadre speciali della polizia kosovara. Lo riferisce ieri con un comunicato lo Stato Maggiore della Difesa.
Il primo modulo addestrativo denominato “Swat Team and Close Protection” si è svolto dall’11 al 29 giugno. L’attività addestrativa, strutturata su tre settimane di lezioni, è stata tenuta dai Carabinieri di una speciale squadra a contatto SAC composta da esperti in attività di scorte e Close protection appositamente giunta dall’Italia.
Lo scopo del corso è stato quello di favorire un elevato e specifico livello di formazione degli operatori di polizia kosovara. Questo addestramento si inserisce nel più ampio progetto volto a favorire lo sviluppo della polizia kosovara in termini di procedure tattico-operative.
Marcello Di Meglio