“Il mare sorride in lontananza: denti di spuma, labbra di cielo”. Così si esprimeva Federico Garcia Lorca su uno degli spettacoli naturali più suggestivi. E dello stesso parere è Igor Chierici, il giovane attore che, con il pezzo dedicato ad un eroe dei mari, il navigatore britannico Ernest Shackleton, chiude la trilogia di agosto, al Porto Antico, di Sea Stories: il mare acchiappa, affascina, intriga sempre tutti.
Il teatro, il luogo della rappresentazione è già, per conto suo, suggestivo: le chiatte sono difficilmente dimenticabili per chi le abbia praticate almeno una volta. Ognuno conosce il potere di rasserenare che ha il placido dondolio di queste singolari piattaforme di legno e ferro, i bei tramonti che fanno ammirare, vigilate dalla lanterna e dal Matitone, salutate ogni tanto dai grandi traghetti in partenza e in arrivo: mentre ci si lascia cullare ci si chiede come sia possibile che il leggero stridere del ferro si sposi così bene con il sommesso crepitare del legno.
Mai molto frequentate le chiatte, ma ieri sera le panchine nonchè i cuscini, sistemati a terra per gli spettatori, erano al completo.
Giovani attori, giovani musicisti, uno schermo con antiche riprese, arredi navali, un lungo albero di nave sullo sfondo, dove una artista trasforma un lenzuolo nero ed una vela in uno spettacolo di pura poesia.
Un intraprendente fotografo australiano, James Francis Hurley, realizza, nei primi anni del Novecento, il sogno di smettere di fotografare canguri per imbarcarsi sull’Endurance, una nave armata per una pericolosa spedizione in Antartide, nella quale (è lo stesso capitano a dichiararlo con un provocatorio annuncio sul Times) si rischia la vita.
A bordo i colpi di scena, tra tremori non tutti originati dal freddo intenso, si susseguono. Un clandestino temerario rischia di essere gettato in mare, ma si salva in forza della propria arguzia e determinazione.
Gli uomini saranno costretti ad abbandonare la nave, confidando sulle scialuppe di salvataggio e sacrificando gli animali e parte delle attrezzature. A dispetto di qualsiasi previsione si porterà a casa la pelle: e stavolta i naviganti baceranno terra e mare assieme.
Il sogno, sembra ricordarci la rappresentazione, non va mai ignorato, soprattutto quando rispunta, implacabile; l’ostinazione nel perseguire i propri ideali, anche se non facilmente realizzabili, alla fine paga quasi sempre.
Lo spettacolo ha un andamento serrato, pervaso da una vaga ironia, che pure ben si amalgama con la drammaticità del racconto, che cattura lo spettatore fino a fargli dimenticare qualche stiramento dovuto alla posizione non agevole dello star seduti.
Belle e mai invadenti le musiche, che accompagnano la molta energia espressa dalla recitazione.
“La leggenda di Ernest Shackleton” è in scena alle chiatte del Porto Antico fino al 27 agosto.
Elisa Prato