“Un ragazzo buono, che ad ogni accenno di rissa si allontanava, che fa volontariato, può costruire una versione così machiavellica, concordandola al momento con l’amico, mentre Martina cade, pensando anche a rimettere tutto a posto in camera?”.
E’ la sintesi di uno dei passaggi salienti dell’arringa, tenuta oggi in Tribunale ad Arezzo, di Stefano Buricchi, legale difensore di Luca Vanneschi, che ha chiesto l’assoluzione perché il fatto non sussiste.
Il 27enne è imputato con Alessandro Albertoni per la morte di Martina Rossi, la studentessa genovese e di origini imperiesi deceduta il 3 agosto 2011 precipitando dal balcone di un hotel a Palma di Maiorca.
Tentata violenza sessuale e morte in conseguenza di altro reato le accuse per i quali il pm Roberto Rossi ha già chiesto sette anni per ciascuno dei giovani imputati. Il verdetto è atteso per venerdì prossimo.
“In molti casi di suicidio accaduti negli ultimi anni non c’è mai stato un testimone, ma qui invece c’è la cameriera Francisca Puga che ha visto Martina cadere e ha riferito che la giovane non ha urlato nel precipitare, che era sola, che nessuno la inseguiva e che Martina secondo lei si lasciò cadere volontariamente” ha sostenuto il legale difensore.
“Il racconto dei ragazzi – ha poi aggiunto Buricchi – trova riscontri precisi in tutte le circostanze ma soprattutto durante le indagini non sono mai state trovate tracce di violenza sessuale. Nè del resto dalle foto si evince confusione o disordine in camera, particolare che contrasta con un tentativo di violenza.
Quanto alla testimonianza dei turisti danesi non è perfettamente lucida dal momento che sia lui che la figlia furono svegliati da un urlo ma non fecero nulla. Riferirono che c’erano persone che strillavano giù a terra ma che pensavano si trattasse di ubriachi. Dalla camera di fianco non hanno mai sentito nulla.
Non propendo per il suicidio di Martina, ma perché escluderlo. Non mi sento insomma di escluderlo”.
“Questo processo non ci ha dato risposte. Per questo chiedo l’assoluzione anche sulla base dell’insufficienza di prove. Questo processo vive su una pressione mediatica eccessiva da sempre e ciò non giova alla chiarezza del caso. Tutti i nostri testimoni hanno avuto un travaglio mediatico eccessivo” ha poi concluso Tiberio Baroni, legale difensore di Alessandro Albertoni.
Successivamente, Baroni ha insistito sulla mancanza di tracce di dna provata da tutti i consulenti, insistendo poi sull’impossibilita da parte dei due giovani di organizzare in quatto secondi una versione alternativa all’accaduto. Baroni ha poi posto l’accento sulla sparizione di dati dal cellulare di Martina e di altro materiale che sarebbe stato aperto durante il passaggio tra Genova ad Arezzo: “In un caso quel materiale l’ho visto in tv”.