Insiste la probabilità che il presente sia fortemente innestato di un ritorno al paganesimo, di una glitterata idolatria poli-teista.
L’affermazione non colga di sorpresa: basta guardarsi intorno per osservare quanto dei desideri umani sia ormai orientato all’effimero, al social-simbolico.
Nondimeno, l’affermazione può sempre meritarsi un severo rimbrotto, un arcigno contrappunto, derivanti entrambi da una biblica tradizione e da un suo contrapposto afflato mono-teista.
In effetti, rispetto ad una possibile enunciazione di spiritualità, è fuor di dubbio che oggidì la società si materializzi sotto l’egida di un individuo grossolanamente mercificato.
Fatto sta che non risulta immediato, né successivo, apprezzare, negli usuali luoghi di con-vivenza, una con-vincente “volontà di relazione”. E’ invece immediato scorgere, tra le pieghe delle dinamiche sociali, una componente “più eretica che etica”, esercitata come professione di fede.
Di tale circostanza, se ne può trovare comprova, vivida e dolente, anche nell’informazione di cronaca, sotto forma di episodi di crescente gradazione, dal disdicevole all’abominevole, la cui diffusività include ogni categoria, ogni ambito sociale.
Ad ogni buon conto, un senso comune di urbana religiosità, esplicabile nel vissuto quotidiano, pare latitare anche nella “dimensione domestica”.
Ed il tenore apologetico, col quale talvolta si ammanta l’uomo contemporaneo, performante e scientista, consolida di fatto un panorama asfittico, anti-idealista, a tratti demonico.
Tanto in certe tensioni inter-confessionali, quanto in certo egotismo stirneriano, si compone il clima contemporaneo, nel quale trovano svolgimento ed epilogo vicende estranee al requisito-base, secondo il quale può definirsi davvero “civilizzato” un insieme di individui.
Per concludere, in tale vorticosa giostra, mi limito a menzionare una pertinente formulazione prof-etica di Martin Buber: “se accanto non diventa insieme, diventa contro”.
Massimiliano Barbin Bertorelli