Pervaso da una volontà inesorabile e predisponente, l’essere umano adulto incorre nella costante insidia di essere sopraffatto dal proprio passato.
In ogni istante, infatti, il passato può torbidamente ri-affiorare, anche laddove lo si pensava dimenticato, e rinsaldare il proprio dominio, spossessando l’individuo dal proprio presente.
A tal proposito, non è raro che un tipo di visione degli eventi si orienti alla retrospicienza, nella misura in cui l’individuo deve rivolgere lo sguardo dietro di sé: così come fece tragicamente Orfeo, secondo la narrazione di Ovidio, che proprio a causa del suo volgersi indietro verso Euridice, la perse per sempre.
D’altronde, guardare indietro, nelle categorie del tempo e dello spazio, è un’ opzione umana che può ri-aprire dolorose voragini: in specie anche quando, dinanzi a propri inconfessati pensieri, paragona un immaginario glorioso vissuto ad un presente percepito con insoddisfazione.
Purchessia, anche interrompendo certo flusso con cui il passato irradia il presente e potendo rimuovere ogni ricordo ultroneo, probabilmente 0non ne conseguirebbe affatto la sua definitiva cancellazione dal nostro archivio vivente.
In forza di ciò, é un’opzione tendere a ri-pescare da un passato sempre in agguato gli elementi predatori di un irrequieto e sfuggente presente.
Sia come sia, il passato, sotto tale aspetto, altro non si rivela che un eterno presente.
E poiché “non c’è nulla di nuovo sotto il sole”, estrapolando un passo dell’Ecclesiaste, il passato, inteso come il vecchio che si oppone al nuovo, trova sempre una via di accesso per ri-proporsi e ri-attualizzarsi.
Ciò che è stato, influenza ciò che é. D’altronde, l’esperienza passata ha sensibili effetti sull’esperienza futura.
In certo qual modo, la riscrive passo passo, finendo noi per aleggiare nell’unico spazio e nell’unico tempo di cui possiamo effettivamente e quotidianamente disporre.
Massimiliano Barbin Bertorelli