“La grande beffa dell’autonomia differenziata della giunta Toti. Chiederla, come fanno loro, senza poterla esercitare è semplicemente folle. La Liguria riceve dallo Stato più soldi (tra servizi e investimenti) di quante tasse versi a Roma. Quindi ha un residuo fiscale totale negativo)”.
Lo hanno dichiarato oggi i consiglieri regionali del Pd.
“I numeri – hanno aggiunto gli esponenti del Pd – vanno da un minimo di un miliardo e mezzo a un massimo di due miliardi e 200 milioni di euro all’anno, a seconda degli studi.
Parliamo di circa un miliardo e mezzo di euro, pari a 939 euro pro capite, secondo uno studio di ScenariEconomici.it sul 2012.
In base ai calcoli di Luciano Greco, professore associato di Scienza delle Finanze dell’Università di Padova, invece, il residuo fiscale ligure negativo nel 2014 ammontava a 2 miliardi e 249 milioni, pari a 1413 euro pro capite.
Un terzo studio a cura del sito lavoce.info, infine, sostiene che in Liguria, negli anni che vanno dal 2013 al 2015, la media del residuo fiscale totale era negativa per 347 euro pro capite all’anno.
Non siamo come Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna che, invece, mandano a Roma rispettivamente 56 miliardi, 14,6 miliardi e 15 miliardi in più di ciò che ricevono.
Quindi da soli non riusciamo a farcela.
Senza contare che consideriamo un grave errore non far procedere, a livello nazionale, il percorso sull’autonomia differenziata parallelamente all’individuazione di livelli essenziali di prestazione per tutti.
Serve una base comune sulle politiche sotto la cui soglia non si può scendere.
L’autonomia deve essere solidale, non può creare Regioni di seria A e Regioni di serie B. Concentriamoci sull’unico obiettivo serio: l’autonomia finanziaria dei porti e lasciamo perdere il resto”.
Non siamo contrari di per sé all’autonomia differenziata. È uno strumento previsto dalla Costituzione e anche Regioni governate dal Partito Democratico come l’Emilia Romagna l’hanno chiesta.
Siamo però per un’autonomia solidale, che non lasci indietro nessuno e non mini il tessuto unitario del Paese.
Consideriamo un errore non far procedere questo percorso parallelamente all’individuazione di livelli essenziali di prestazioni. E crediamo che si debba anche riprendere in mano un ragionamento serio sul riassetto istituzionale italiano, per ridiscutere i poteri di Comuni e Regioni ed evitare di creare un nuovo centralismo di tipo regionale. Ragioniamo su Regioni più grandi e su Comuni più forti.
Mentre nelle altre Regioni, come dimostra l’esempio dell’Emilia Romagna, il documento finale è stato il frutto di un percorso di almeno un anno, che ha coinvolto tutti i gruppi consiliari e le parti sociali, nel caso della Liguria il confronto avviato dalla giunta Toti si è rivelato un farsa perché c’è stata solo un’informativa sui contenuti delle schede preparate dalla maggioranza.
La proposta che facciamo alla giunta regionale della Liguria è: smontate tutto.
Concentrate la richiesta di autonomia differenziata su un unico punto. Trattenere il 3% dell’Iva dei porti, una questione che inizialmente era persino sparita dalla prima delibera di giunta e che ora viene trattata alla stregua di uno dei tanti punti del progetto.
Secondo noi, invece, deve rappresentare il cuore dell’autonomia perché rafforzare il sistema dei porti liguri vuol dire rafforzare la portualità italiana e oggi sul nostro territorio resta solo l’1% dell’Iva dei nostri scali.
Anzi, la Liguria riceve ancora meno, perché una legge dello Stato impone che Roma non lasci più di 70 milioni in totale per tutti i porti italiani. Quindi alla Liguria invece di 30 milioni all’anno (l’1%, appunto) ne arrivano solo 13.
Con l’autonomia portuale vorremmo poter trattenere il 3% dell’Iva, pari, solo per gli scali di Savona e Genova, a 95 milioni di euro l’anno. Se aggiungiamo anche il porto della Spezia superiamo quota 100. Tutti soldi che potremmo investire in infrastrutture e logistica”.