Avvio il presente commento partendo idealmente dall’immagine ben nota di certi insetti fossili intrappolati nell’ambra preistorica, le cui ispirate notazioni scientifiche sono liberamente servite al sostegno narrativo, tra l’altro, dei pertinenti film di Spielberg.
Digredendo, vengo al punto e segnalo un’idea di progetto compatibile denominato “Resin Food”: racchiudere in un cubo di “resina” trasparente, non solo oggetti d’uso comune, ma anche cibi pronti da mangiare.
Se le scoperte del sequenziamento genetico dei fossili paiono aver definitivamente accantonato il recupero di DNA preistorico, nondimeno fossilizzare un tornito panino del McDonald’s, simbolo di una Società dai consumi veloci, pare proprio un progetto creativo cui aderire.
Trattasi in pratica, prima ancora di tramandare al futuro, di preservare ed esporre nel presente dolci tipici, frutta di stagione & c., singolarmente ibernati in un prisma trasparente dall’aspetto fanta-scientifico.
Sulla falsariga degli “imballaggi” di Christo, in questa teca di “resina” può essere contenuto ed immortalato, ad esempio, un colorato e gustoso “macaron”, esonerandolo dall’usura del tempo, dall’ alterazione alimentare.
Per qualche misterica analogia, richiamo il Dorian Gray di Oscar Wilde: l’immagine dipinta nel ritratto accumula gli effetti dell’età e delle vicende, mentre la persona in carne ed ossa ne resta affrancata, permanendo nel proprio giovane aspetto.
Cosicché, un tipico dolcetto pugliese (terra di nascita dell’artista in parola), prelevato pari-pari in una pasticceria ed all’uopo resinato, diviene modello da esposizione, semioforo.
L’arte è idoleggiamento, padroneggiamento della forma sulla realtà; come anche, senza stupirsi del parallelismo, il recupero duchampiano di oggetti di uso comune, i cosiddetti ready-made, tipici dell’era della “riproducibilità tecnica”, e la loro trasmutazione in opere d’arte.
Sia come sia, il talento di Alessio Spampinato, questo artista e designer contemporaneo, gli ha consentito di ideare il progetto di resinare gli alimenti (da cui la semantica denominazione “Resin Food”) per uso esterno.
Potremo così finalmente collezionare una serie di manufatti culinari, fino ad oggi inosservati sotto tale lente espressiva.
Manufatti, inalterabili ed esteticamente appetibili, simbolo del “dolce” fluire del tempo.
Massimiliano Barbin Bertorelli