E’ abbastanza noto che Puccini, specie dal 1880, negli anni della sua “bohème” meneghina, sia stato un notevole estimatore di donne (e forse anche dopo…).
Certamente non fu un amatore distratto o egoista: l’interesse verso la psicologia femminile sboccia, artisticamente prepotente, da ogni sua creatura.
Tutte diverse, tutte scolpite nella nostra memoria, non tanto per la fine tragica e prevista di molte di loro, quanto per le sfaccettature varie ma, alla fine, coerenti con l’indole di ciascuna.
Diverse, e anche diversamente “amate”: la più cara, la prediletta, per ammissione dello stesso autore, è stata la dolce Butterfly. “Piccola creatura mia” scriveva l’autore, “io amo le anime che piangono senza urlare e soffrono con amarezza tutta intima.”
La predilezione dell’autore per questa sua creatura era tale che battezzò col nome di Cio-cio-san la sua nave, che solcava le acque del lago di Massaciuccoli e del mare di Viareggio.
Forse amò platonicamente anche la povera Doria Manfredi, una giovanissima cameriera che si suicidò, stanca delle persecuzioni e calunnie infondate della moglie del compositore? Sta di fatto che, nella sua ultima opera incompiuta, Turandot, Puccini inserisce un personaggio molto simile alla sfortunata geisha e da lui adorato, quello della giovane ancella Liù che, per devozione al suo principe Calaf, sopporta la tortura e alla fine si uccide.
Butterfly: cosa trasmette davvero questo personaggio dall’apparente sconfinato candore, che alle ragazze moderne di ognì età sembra così datato, pur se confinato in Oriente?
In realtà la quindicenne Cio-cio-san non è affatto ingenua e tanto meno ha l’età dei giochi: la piccola giapponese è una giovane sfortunata che ha dovuto adattarsi, per sopravvivere alla miseria, ad un destino ingrato, senza peraltro accettarlo, che spera di cambiare col matrimonio con uno straniero, ritenuto di mentalità avanzata.
Sola al mondo, limitata da leggi di millenaria tradizione, costretta ad un mestiere che di poetico ha solo la facciata abbellita dai termini sinuosi delle lingue orientali, ma che non le ha sporcato l’anima, Cio-cio-san ha mantenuto una architettura interna solida, ancora capace di sentimenti forti ed esclusivi, di sperare, di sognare e, da brava orientale, di aspettare.
Purtroppo la persistenza nel sogno ha fatto si che in questo matrimonio finto abbia investito tutta la sua vita, fino a rinnegare le sue tradizioni religiose e parte della sua cultura, inimicandosi anche la propria gente. Eppure è ben consapevole dei propri diritti di sposa, ma la mancanza di supporti affettivi validi e forse di autostima non le dà la possibilità concreta di cambiare vita: e la rinuncia al bambino è il vero momento della verità. Intuendo che non potrà mai risollevarsi si uccide “con onore”, preparando con lucida meticolosità la sua festa fiorita di addio.
Passando a più conosciuti lidi, anche per il nostro autore, Tosca rappresenta la passione, il furore, la gelosia, l’iniziativa: con Butterfly ha in comune l’attitudine alla donazione totale all’arte e all’amore, ma con un atteggiamento del tutto diverso, eccessivo, ribelle a mentalità immutabili, decisionista. Gelosa anche di un ritratto solo perchè non ha il colore dei suoi occhi, manovra l’uomo amato, idealista e romantico, con la sua impetuosa capacità di convincimento che non ammette dinieghi. E ricorre ad ogni strategia per sottrarlo alla morte e fuggire con lui, fino ad arrivare all’omicidio di un odioso potente che la ricatta. Il suo gettarsi dal torrione non è un gesto di rinuncia meticolosamente studiato, ma un gesto d’impeto, assolutamente coerente con il temperamento e lo stile di vita della persona.
Magda la rondine rappresenta invece la svolta, anche per Puccini, che ebbe per questa figura sentimenti ora positivi, ora di rifiuto, ma ancora una volta il profilo femminile che ne risulta è di tutta nettezza.
Malinconica amante di un banchiere, Magda vive in un mondo scintillante e spensierato quanto votato all’apparenza e alla spregiudicatezza: sogna l’amore ma non sa rinunciare a questo suo mondo comodo e dorato. Quando arriva un uomo altrettanto stanco del suo presente e voglioso di cambiare vita, Magda vola con lui verso il sogno, verso la Costa azzurra, dove vive una breve felicità.
Quando il sogno pare diventare realtà, con l’assenso al matrimonio da parte della madre di lui, l’incanto si rompe. La giovane rondine ha cercato di volare via dall’inverno ma ora sembra comprendere che quel mondo di vita semplice e di onesti sentimenti, di impegno reale che le si prospetta non può essere il suo: si sente “contaminata” e senza vie d’uscita, il peso del passato ha reso la sua anima asfittica, incapace di voltare pagina e di volare davvero. Purtroppo tutto lascia una traccia, nel bene come nel male: l’amore è solo una parentesi e Magda torna dall’amante ricco e direttivo.
Si tratta forse del profilo più psicanalitico di tutta l’opera pucciniana, anche se in qualche modo rientrante nei canoni dell’epoca: la donna dalla vita immorale non si redime, o muore nel corpo, o muore nell’anima. Ma è anche vero che dopo Magda le donne delle opere di Puccini cominceranno a morire di meno…
Elisa Prato