Inchiesta Ponte Morandi bis. I mancati controlli dentro i cassoni e dentro le pile dei viadotti autostradali potrebbero risalire a ben prima del 2013.
Non è tutto. Nel 2017, dopo che la normativa in materia di sicurezza è cambiata, Spea avrebbe fatto frequentare dei corsi specifici ad alcuni tecnici per permettergli di eseguire gli accessi senza correre rischi. Nonostante questo, però, nessuno sarebbe entrato nel “cuore” delle infrastrutture.
E’ quanto è emerso oggi dalle carte dell’indagine sui presunti falsi report e controlli sui viadotti autostradali e, in particolare, su quelle che riguardano gli 11 indagati per cui la procura di Genova aveva chiesto le misure cautelari negate dal gip.
Le 11 persone, tra cui l’ex amministratore di Spea Antonino Galatà, ma anche dirigenti e tecnici di Spea, sono accusate di falso per non avere eseguito quei controlli.
Le stesse accuse potrebbero essere contestate anche per l’ inchiesta principale sul tragico crollo del Ponte Morandi, nella quale già alcuni indagati sono accusati di falso.
Tra gli elementi che la procura di Genova ha portato davanti al gip per chiedere le 11 nuove misure c’è anche la testimonianza dell’ ispettore del Mit Placido Migliorino.
L’ingegnere avrebbe spiegato come vanno fatte le ispezioni e l’assegnazione dei voti alle singole parti dei viadotti. L’esperto era stato sentito nel corso delle indagini e aveva “bocciato” la metodologia usata dai tecnici di Spea, sostenendo che fosse errata.
La procura ha anche fatto fare una consulenza al proprio esperto su sei viadotti: il Sori (A12), su cui ancora oggi sono andati avanti i controlli iniziati ieri, sul Bisagno (A12), il Veilino (A12), il Letimbro (A10), il Gorsexio (A26) e lo Scrivia (A7).