I responsabili dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra) hanno risposto al quesito posto da Regione Liguria spiegando, in sostanza, che è “consentito e condivisibile” abbattere i cinghiali catturati in un contesto urbano “nel caso in cui non si possa prevedere una rimozione del problema in modo incruento poiché se venissero introdotti di nuovo in natura, vista la loro intelligenza, tornerebbero subito in un contesto urbano”.
Lo ha spiega oggi in consiglio regionale l’assessore allo Sviluppo dell’entroterra Stefano Mai, replicando a un’interrogazione del consigliere Marco De Ferrari (M5S).
Attraverso l’impiego di microchip la Regione Liguria, in collaborazione con l’Università di Genova, ha infatti confermato ciò che sostengono i ressponsabili di Ispra.
Ossia che i cinghiali catturati in contesto urbano e liberati nell’entroterra tendono tutti a tornare in un contesto urbano.
“Nel caso in cui – ha aggiunto Mai – non si possa prevedere una rimozione del problema in modo incruento è consentito e condiviso da Ispra l’abbattimento. Onestamente non mi sento nelle condizioni di dire agli agenti ‘prendete i cinghiali in città e mollateli in campagna’, perché potrebbero creare problemi, non solo danni alle coltivazioni, ma anche di sicurezza”.
Tuttavia, il pentastellato De Ferrari ha in sintesi replicato che “l’abbattimento deve essere l’extrema ratio, non l’unica ratio, la Regione dovrebbe tendere ad azioni non cruente. Suggeriamo di creare una rete prendendo a modello quanto fatto da Regione Lazio e Comune di Roma che stanno avviando un protocollo di gestione non cruenta dei cinghiali in strutture ad hoc create dalla Regione. Oppure di intervenire con pratiche di sterilizzazione in aree circoscritte, ad esempio la val Bisagno a Genova, per ridurre la popolazione dei cinghiali”.