Capodanno scoppiettante, carico di maestria musicale e di sorprese per il Carlo Felice. L’ensemble formato dai quattro fratelli Janoska e dal cognato Darvas al contrabbasso ( vedi presentazione del complesso su Ligurianotizie) ha suscitato largo consenso e lunghi entusiastici applausi alla fine dell’originale esibizione, insieme all’orchestra del Carlo Felice, nel pomeriggio del 1° gennaio.
Già il look dei musicisti anticipa il tocco dell’originalità e dell’estro. Giacca nera, camicia tecnica scura, ma scarpe ornate di lustrini scintillanti, la creatività sboccia dall’abbigliamento da concertisti più classico e formale.
Il primo brano, la Fledermaus Overture di Johann Strauss II, si annuncia con un sottofondo allegro andante, poi la musica diventa scoppiettante e trascinante in un allegrissimo iter che sfocia in una veloce ciarda, tipica dell’est europeo, impronta che spesso pervade e conclude i successivi brani stile Janoska.
Già dalle prime note si evidenzia la perfetta, magica simbiosi attuatasi tra gli Janoska e l’orchestra del Carlo Felice e del suo direttore Brenner, che per l’occasione dà il meglio di se stessa.
Lo stesso iter stilistico presenta il secondo brano di Frantisek Janoska, sinfonia n.1, nel quale si manifesta largamente l’abilità tecnica nel padroneggiare gli strumenti e la sorprendente e spontanea creatività del gruppo, che in alcuni lunghi momenti sembra misurarsi in gare di virtuosismo, inizi in sordina, saliscendi di grande effetto.
E finalmente ecco l’attesissimo “Sul bel Danubio blu” , il celeberrimo valzer senza il quale Capodanno non sembrerebbe neppure Capodanno. Questa volta il trionfo del classico è totale: con mossa vincente, quasi consapevoli del fatto che questo momento magico non si può toccare, neppure con innovazioni di grande forza creativa, gli Janoska lasciano spazio all’orchestra del Carlo Felice e al suo direttore Brenner, che suona interpretandone perfettamente lo spirito e con toni, a percezione, appena più calcati del solito.
Il pezzo successivo, sempre di Frantisek Janoska, sorprende con un Beethoven che si fa riconoscere iniziando con note classiche e sfocia in un piacevole e disinvolto ballabile, con note di iazz, per concludere nell’immancabile ciarda.
La voce di Arpad Janoska, non straordinaria ma comunque ben impostata e capace di suscitare emozioni, accompagna il tango di Oblivion, subito prima dell’imprevedibile Paganinoska: un Paganini gioiosamente reinterpretato e molto influenzato ancora una volta da stili e tecniche musicali dell’est, un crescendo andante in cui i due fratelli violinisti possono misurarsi esprimendo
tutta la propria dinamica tecnica, dove i violini si sfidano e si fondono insieme.
Concluso il programma previsto i talentuosi musicisti offrono al pubblico ben quattro bis, note di canzoni melodiche e classiche insieme, tra cui ha fatto capolino anche qualche accenno alla canzone napoletana. Per finire, un omaggio a Genova con un “Se ghe pensu” che spazia tra il brioso e l’appassionato, applauditissimo da un teatro in piedi.
In sintesi, ottima fusione di classicità, innovazione, tecnica, talento, etnia. Melodie note, inframmezzate da stili appartenenti ad universi musicali apparentemente distanti, ma che sembrano pertinenti e perfettamente inseriti, come improvvisamente e sorprendentemente possono manifestarsi nell’individuo, mentre ascolta musica, ricordi e moti dell’anima diversi e inaspettati.
Questo è forse un motivo in più per cui il pubblico esce dal teatro felice e galvanizzato, pronto ad incominciare un nuovo anno con molte incognite.
Elisa Prato