Al Teatro della Corte una brava Luisa Ranieri dà vita alla vicenda di Hester, una donna immersa in un “profondo mare blu”: per la verità nel mare, o male oscuro, di una passione-infatuazione che, condita di solitudine e di paura del giudizio altrui, l’ha fatta scivolare nella disperazione e nell’incapacità di risollevarsi da un errore di valutazione sentimentale che l’ha resa psicologicamente dipendente, di riprendere il controllo della propria vita.
Hester si è lasciata alle spalle un matrimonio borghese con un magistrato agiato e autorevole per convivere con un giovane pilota disoccupato e diventato alcolizzato anche in seguito alla frustrazione di aver perso il lavoro.
Le oggettive nuove condizioni di vita, tra ristrettezze economiche e un ostinato ed affannoso impegno per costruire un rapporto valido con il nuovo partner, hanno fiaccato le risorse nervose e psicologiche della donna, che tenta il suicidio, apparentemente perchè Freddie, troppo impegnato a girare per circoli e bar, non ha ricordato il suo compleanno.
In realtà la dimenticanza del giovane è solo la punta dell’iceberg delle ragioni del fallimento di un legame, formatosi sull’onda della passione ma privo di fondamenta, come appare chiaro dal colloquio sfogo, dopo l’accaduto, di Freddie con l’amico Jackie, dal quale si evince un attaccamento effettivo a Hester ma anche la sua visione immatura e unilaterale dei rapporti sentimentali e l’assoluta inconsapevolezza del patrimonio affettivo femminile e delle sue esigenze.
L’irruzione nell’appartamento del marito di Hester, il giudice Collyer, avvertito del “grave incidente” capitato alla moglie da un vicino, si rivelerà decisiva per capire l’origine dell’insoddisfazione della donna, che ha voluto la separazione per inseguire una nuova illusione.
Il colloquio tra i due chiarisce come il loro matrimonio fosse una sorta di “casa di bambola”, fondato non su un amore complice ma sul desiderio di avere una moglie amorevole e piegata alle sole esigenze di lui.
Un desiderio di possesso e non d’amore che Hester ancora una volta avverte nelle parole dell’uomo, nonostante lui asserisca di amarla come non mai e manifesti il desiderio di ricomporre la coppia.
Hester pertanto ha rotto il matrimonio perchè sentiva il peso di un rapporto formale e possessivo: ha inseguito coraggiosamente un sogno, pur tra difficoltà soggettive ed oggettive, un altro rapporto sbagliato, che ha tentato di costruire anche con innumerevoli e inutili discussioni portate avanti fino allo sfinimento (sono parole di Freddie!), secondo un noto stile femmineo, che hanno allontanato ancora di più il partner ed esaurito la sua voglia di vivere.
Ciononostante quando Freddie annuncerà di aver trovato un nuovo lavoro che renderà necessario un trasferimento, Hester, disperata, farà di tutto per fermarlo senza riuscirci, pronta a continuare il percorso di autodistruzione.
Solo l’intervento di un saggio vicino, un medico radiato dall’albo, una personalità lucida, realistica e vigorosa, vero deus ex machina della vicenda, le impedirà di ripiombare nel mare-male oscuro e di riprendere decisamente in mano la propria vita.
Un dramma avvincente, scritto nel 1952 e ritenuto il capolavoro dello scrittore Terence Rattigan, nato a Londra nel 1911 e scomparso nel 1977, testo di rara penetrazione psicologica, che induce ad una autentica catarsi e impone una profonda riflessione a uomini e donne.
La prova di recitazione di Luisa Ranieri è assai convincente, anche per la mirata gestualità priva di energia di donna sfibrata e delusa.
Perfetta l’incisività di Aldo Ottobrino nei panni del medico Miller, soddisfacente la performance del resto del cast.
Indovinata la regia di Luca Zingaretti, bella la scenografia che sottolinea con gusto la collocazione epocale negli anni ’50, così come i costumi.
The Deep Blue Sea resta alla Corte fino a domenica 23 febbraio.
Elisa Prato