Non si intende in alcun modo disconosce la percezione di valore che assume il quotidiano processo del pensiero individuale. Né sminuire l’intento di riflettere, anche quando entra in orbite ultronee, giacché ogni ambito di esistenza umana ne è costellato.
L’assunto orienta direttamente alla condizione per cui ogni azione é sindacata ed implicata tra una sommatoria di ragionamenti, che, nel processo pro&contro, il più delle volte, si arena in pensieri che si “riproducono” e si replicano periodicamente. Fatto sta che, tra dilemmi interiori o diatribe civiche, si impone un chiarimento su questioni in apparenza insolubili.
Sia come sia, a queste diagonali di pensiero l’individuo sottopone la propria mente ad una dispersiva quotidiana energia.
L’assegnazione a sé di uno sciame di affastellamenti mentali può liberamente ricalcare certe modulazioni pseudo-anacoretiche di tendenza, induce una convinta ricerca di mindfulness, una leggerezza di pensiero conquistabile, malgrado un panorama relazionale vistosamente complicato.
D’altronde, non si potrebbe ragionare diversamente, visto che ogni luogo estraneo praticabile espone il soggetto ad una quota di incertezza e di timore, anche in opposizione alle proprie abitudini.
In ultima analisi, subodorato che “i pensieri creano il mondo individuale” e che “un’opera d’arte può suscitare più pensieri ed emozioni di quanto ne possiede”, va redarguita e contenuta ogni iniziativa di pensiero che alimenti se stessa, peraltro in un contenitore già stra-colmo.
Onde sottrarci ad una condizione che contorce il pensiero su se stesso e ne crea un ipertrofico ammasso, concludo con una frase di Karl Kraus: “la libertà di pensiero ce l’abbiamo, ora ci manca il pensiero”.
Ponendola la stessa in parallelo a certo corrente pensiero, il cui ossessivo accumulo, il più delle volte nocivo e mistificante, invece che chiarirci progressivamente le idee, rischia di intasare e di paralizzare la mente.
Massimiliano Barbin Bertorelli