Oggidì la vocazione religiosa (come ogni altra vocazione) pare in drastico calo. E, di conseguenza, risultano in contrazione anche i corrispondenti valori e comportamenti del comune agire, in qualche modo contestuali alla circostanza.
Quanto sopra ci si propone innanzi agli occhi, ben prima di trovarne conferma in editoriali ed indagini statistico- sociologiche, disponibili alla quotidiana osservazione.
Tralasciando le riscoperte e le divagazioni di moda verso una spiritualità paganeggiante, le pulsioni individuali, di matrice più o meno nevrotica (se ne può scorgere qualche esempio transitando dalle letture di Freud alle vignette di Schulz), paiono approdare in lidi mefitici.
Tuttavia, nessuna sorpresa in questo: ciò che oggi siamo non può discostarsi da ciò che dovevamo diventare.
Nondimeno, l’insistenza ipertrofica dei media, nelle più disparate e (im)proponibili forme, ha contribuito a destituire talune ispirazioni ed a istituire, in loro vece, talaltre aspirazioni: più compulsive e più opulentistiche.
Se le prime (le ispirazioni) possono coinvolgere in sé una natura umana trascendente, le seconde (le aspirazioni) esprimono, non di rado, il coerente frutto di una società insana ed immanente e ne prendono il posto, trasmutando una poetica vocativa dell’esistenza in ideali socialmente sbiaditi e dissestati.
La distinzione introdotta tra le due categorie la si può ritenere, a rigore, una im-pertinente ed indebita appropriazione. Nondimeno ha la finalità di esporre lo sventolio di una bandiera bianca sulla attuale condizione di abbandono a se stesso dell’uomo, in balia di una implacabile ed anestetizzante proliferazione di illusioni felicistiche da secondo diluvio (informativo).
A questo iter mondano, così avviluppato ai messaggi e deprivato di vocazioni, può ben sintetizzarsi nel dilemma “dov’è la saggezza che abbiamo perso nella conoscenza? Dov’è la conoscenza che abbiamo perso nell’informazione?”, scomodando T.Eliot.
Trascurando il fatto che “la perdita di Fede religiosa accade nel momento in cui crolla l’autorità del padre” (S.Freud), si pone conclusivo accento sul fatto che, in tale smagrita saggezza, trova attecchimento una diffusa tipologia umana: visibilmente meno credente & più credulona.
Massimiliano Barbin Bertorelli