Con un crollo stimato pari 4% nel primo trimestre del 2020 i consumi tornano indietro di circa 20 anni precipitando su valori comparabili a quelli dei primi anni 2000
A reggere sono solo le vendite di generi alimentari, ma è necessario fermare le speculazioni sui prezzi per permettere alle famiglie di poter scegliere cibo di qualità e garantire un giusto compenso ai produttori delle grandi eccellenze Made in Liguria.
In particolare, a causa dell’emergenza sanitaria, si è registrata una drastica diminuzione delle vendite al dettaglio del 26,3% in valore, con punte massime per calzature, articoli in cuoio e da viaggio (-90,6%), mobili, articoli tessili e arredamento (-83,6%), abbigliamento e pellicceria (-83,4%) e giochi, giocattoli, sport e campeggio (-82,5%), mentre il calo minore si registra per i prodotti farmaceutici (-3,5%) e le vendite dei beni alimentari aumentano (+6,1%) secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Istat relativi al mese di aprile 2020 rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.
“Si tratta – affermano il presidente di Coldiretti Liguria Gianluca Boeri e il Delegato Confederale Bruno Rivarossa – di tendenze che evidenziano lo tsunami nei consumi provocato dall’emergenza Coronavirus, con la crisi di molte attività produttive che ha drasticamente ridotto le disponibilità economiche delle famiglie. Allo stesso tempo è da notare come sia l’agroalimentare l’unico settore che riesce ancora, non senza fatica, a resistere, con i consumi alimentari che rappresentano la seconda voce di spesa nei budget delle famiglie dopo l’abitazione. Un dato che richiama l’attenzione sulla priorità di fermare le speculazioni sui prezzi dei beni di prima necessità per non danneggiare produttori né consumatori. Se è vero che l’agricoltura, anche nella nostra regione, sta tenendo duro di fronte alla crisi generale, non si può negare che molti settori, dall’olivicolo al vitivinicolo, dall’allevamento fino alla pesca e al florovivaismo, stanno attraversando un periodo di difficoltà dal quale occorre uscire con una robusta iniezione di liquidità, ma anche realizzando rapporti di filiera virtuosi con accordi che valorizzino i primati del Made in Italy e garantiscano la sostenibilità della produzione in Italia, con impegni pluriennali e il riconoscimento di un prezzo di acquisto “equo”, basato sugli effettivi costi sostenuti”.