In generale, nelle nostrane italiche circostanze, quando si afferma che una certa situazione é in pugno, spesso si tratta solo di un pugno di mosche.
In buona sostanza, per approcciare in qualche modo l’argomento, in questa nostra forma paludosa di democrazia, ogni affermazione circa la “verità dei fatti” diviene un soggetto misterico, inconoscibile.
La verità, entità mutevole ed aleatoria, fluttua nell’aria: talvolta pare accostarsi alla terra ferma e, quasi, di poterla afferrare. Tuttavia, essa sfugge ad ogni presa del singolo, per calibrarsi di lì appresso in identificazioni collettive, moltitudinarie, statistiche.
Così facendo, il soggetto ne esita sminuito, depauperato nella misura in cui si ideologizza, nella misura in cui soggiace ad intenti strumentali.
Tutto ciò ad evidente manifestazione di una realtà anfibia, che, come un elastico, si può estendere (quasi) a piacere. Nondimeno, si ha cura di conservarne sempre e comunque l’integrità, giacché arrecare al sistema una tensione è più prudente che arrivare allo strappo, alla rottura.
In effetti, oggidì, quando si parla di politica (“p” rigorosamente minuscola), non si può che esorbitare nell’astrazione, in affermazioni strumentali, tanto apodittiche da essere sconfessate dal successivo interlocutore, se non dall’autore stesso, dopo poco.
Tale aleatorietà non riesce a limitarsi neppure quando il tema è tecnico, giuridico, scientifico. Quando, ad esempio, la questione gravita ed afferisce al sacro testo costituzionale od anche alla questione pandemica in atto, nella misura in cui i pareri di autorevoli ed accreditati esperti si alternano, autoeliminandosi a turno.
La circostanza implica un tal intreccio, un tal contradditorio di versioni da lasciare unica e principale protagonista la confusione, strumento agevole per sostanziare una costante forma di non-governo.
Sia come sia, la presente “crisi di non-governo” è piuttosto visibile, agli occhi sia dei potenziali elettori che degli astensionisti. Tuttavia, lo scisma silenzioso in atto tra le due principali categorie non si placa. Anzi, si involve in ulteriori scissioni, ulteriormente accrescendo una condizione hobbesiana di reciproca e generale ostilità, in stile tutti-contro-tutti.
Al cittadino non resta che attendere gli sviluppi degli eventi recluso tra le mura di casa, schierandosi tra plauso e denigrazione. Non dissimile dal tifo calcistico, la forma pubblica di lotta politica si esplica e si misura così, nella divisione sociale, nella frammentazione.
Tuttavia, ci si consoli, in ogni discorso pubblico, lo sfoggio di artiglieria etica, il richiamo alla demo-latria, al culto del “popolo sovrano” e alle sacre esigenze del cittadino, é fase essenziale e inesorabile della retorica e del fregolismo politico.
Diciamo, in conclusione, che “se non ne dispero, è perché questa situazione disperata mi riempie di speranza”, scomodando provocatoriamente Karl Marx.
Massimiliano Barbin Bertorelli