Costretti a tenere le serrande abbassate, ristoratori e gestori dei pubblici esercizi italiani non intendono passare Natale e Capodanno in silenzio
Al contrario. A partire da oggi, mercoledì 23 dicembre, e per tutta la durata delle festività, decine di migliaia di locali in tutta Italia esporranno un cartello di protesta all’indirizzo del governo per dire “Basta!” al caos normativo degli ultimi mesi che continua a penalizzare le imprese del comparto.
«Da quasi un anno, il settore della ristorazione si sente trattato come i pupi siciliani, guidato da fili invisibili mossi da mani incapaci – commentaMassimiliano Spigno, presidente di Confesercenti Genova e a sua volta titolare di un pubblico esercizio -. Nella nostra categoria è forte la sensazione di essere diventati il capo espiatorio del contagio. Ai nostri governanti che credono sia possibile tirare avanti tranquillamente con “ristori” da pochi spiccioli, a fronte di costi allucinanti, consiglierei di stare solo qualche giorno al nostro fianco in cucina o in laboratorio, in sala o dietro il banco, per comprendere dinamiche evidentemente a loro sconosciute e, magari, prendere finalmente delle decisioni serie e con cognizione di causa, tali da restituire un futuro a centinaia di migliaia di piccole imprese in tutta Italia che, altrimenti, andranno incontro a morte certa».
A riassumere la rabbia e l’esasperazione di bar e ristoranti è dunque il manifesto unitario siglato da Fiepet e Fipe, le principali associazioni di rappresentanza dei pubblici esercizi di Confesercenti e Confcommercio, affiancate dalla Federazione Italiana Cuochi.
«22 Dpcm, 36 decreti legge, 160 giorni di chiusura, un numero imprecisato di ordinanze regionali, una differenza impressionante fra quanto annunciato e quanto attuato – si legge nel documento di Fipe e Fiepet –. Basta! Questo diciamo ad un governo che apre e chiude le nostre aziende come interruttori e si prende il diritto di vietare il lavoro delle nostre imprese, senza trovare una strada per tutelarle. Siamo esausti e increduli».
Il risultato è un settore al collasso che ha deciso di rivolgersi direttamente ai cittadini. «Noi vogliamo e siamo in grado di lavorare in sicurezza – conclude il documento -. Per questo ci rivolgiamo a voi, i nostri clienti: vi chiediamo di esserci vicini e di continuare a sceglierci, dove possibile, anche in queste difficili giornate. La vostra gratificazione costituisce la nostra forza ed il nostro futuro».
Al governo, i pubblici esercizi italiani chiedono invece un altro tipo di DPCM: Dignità, Prospettiva, Chiarezza e Manovra. La dignità di attività essenziali e sicure; la prospettiva di un piano di riqualificazione e sviluppo, magari attraverso un adeguato inserimento nel Piano nazionale di Ripesa e Resilienza; la chiarezza sui tempi di riapertura a gennaio; una manovra correttiva che garantisca indennizzi adeguati e ristori calcolati sulle effettive perdite, sostegno all’indebitamento, risoluzione dei problemi di locazione.