“La mia libertà non ha prezzo. Vale più di 400 euro”.
Detto e scritto all’antivigilia, fatto a Natale.
“Il porto (antico, ndr) di Genova. Passeggio da solo nel deserto. Non c’è un‘anima viva in giro. I più saranno felici di questa immagine, a me procura infinita tristezza”.
Lo ha dichiarato oggi pomeriggio su Twitter il prof. Paolo Becchi, ordinario di Filosofia del Diritto all’Università di Genova, dopo che l’altro giorno aveva scritto sul quotidiano Libero di volersi ribellare alle restrizioni della libertà personale imposte dal Dpcm Conte per l’emergenza coronavirus.
“Di fronte ad una legge ingiusta – ha spiegato ieri il prof. Becchi – di fronte ad un divieto che viola i miei diritti inalienabili, che prezzo sono disposto a pagare per oppormi?
Per favore, non si ripeta la ormai insopportabile lezioncina per cui le leggi si possono sempre criticare ma, finché sono leggi, le si deve sempre rispettare.
E perché mai? Perché sono leggi. Perché la legge è legge.
Questo ‘positivismo giuridico’ da quattro soldi, è roba da tardo Ottocento, anche se ha fatto gravi danni nel Novecento. E poi non è questo il punto.
Infatti io non dico che una legge ingiusta non sia più legge, dico solo che è giusto violarla.
Ma, questa la replica, non si può violare una legge.
Certo che si può: solo, se ne paga, poi, la conseguenza. Ossia la sanzione che la legge stessa prevede per la sua trasgressione.
Ebbene, la domanda che continuo a farmi è allora la seguente: ‘Che prezzo sono disposto a pagare per la mia libertà?’.
A nessuno piace essere ‘multato’ con l’irrogazione di una sanzione amministrativa di 400 euro (seppur, impugnandola, si può sperare di vederla annullata).
Ma la mia libertà, almeno 400 euro, li vale.
Per la verità, penso che la mia libertà non abbia prezzo. E dunque in questo caso il timore della sanzione, almeno nel mio caso, non funziona.
Se il prezzo da pagare è questo, sono disposto a pagarlo. La mia coscienza non mi permetterebbe di vendermi per 400 euro.
Allora che faccio? Esco senza mascherina? Faccio ciò che voglio il giorno di Natale? Vado fuori Comune ad incontrare un amico? Potrei, certo. Ma servirebbe a qualcosa questo mio gesto liberatorio? Forse a salvare la mia coscienza.
Resta tuttavia un fatto squisitamente privato. E se non sono un personaggio pubblico neppure lo si saprà che io, Mario Rossi, ho violato delle disposizioni assurde come quella che prevede che non ci si possa muovere in quattro per andare a trovare i nonni a casa loro, mentre è consentito ai nonni di venire loro.
Sono un matto io o addirittura un criminale che mette in pericolo la salute pubblica, oppure sono folli le menti che hanno partorito simili divieti?“.