Inchiesta della procura genovese. Alla fine del 2019, 46 aziende si erano trasferite all’interno del perimetro della “zona rossa” o “arancione”, disegnata dal commissario per l’emergenza Giovanni Toti dopo il tragico crollo del Ponte Morandi (43 vittime).
Sarebbero arrivate “nottetempo” e avrebbero assunto decine di dipendenti per godere dei “ristori” o degli sgravi fiscali. Venticinque su 46, però, non avrebbero avuto i titoli. Tanto che 9 imprese risultano indagate per falso e truffa allo Stato e altre 16 denunciate dalla Guardia di Finanza per gli stessi reati.
Secondo quanto pubblicato dal quotidiano La Repubblica, le indagini degli investigatori del Primo Gruppo e del Nucleo Operativo Metropolitano avrebbero evidenziato che alcune aziende si sarebbero costituite ex novo, altre avrebbero trasferito il loro domicilio fiscale fittiziamente, altre ancora avrebbero affittato pochi metri quadrati senza risultare operative.
Quella che doveva essere la “zona franca” per sollevare le sorti di un tessuto urbano precipitato nella disperazione economica il 14 agosto 2018, data del tragico crollo, si starebbe quindi rivelando una presunta truffa.
Sempre secondo quanto riportato dal quotidiano La Repubblica, si sospetta la complicità di qualche funzionario, ma al momento la Regione Liguria è risultata completamente estranea ai presunti fatti.