E’ facile notare che, per alcuni, anche uno strofinaccio da cucina risulta potentemente fascinoso, tale da diventare oggetto di desiderio.
Va da sé che, generalizzando, il processo fascinatorio dipende, per un verso, dalle qualità visibili dell’oggetto; per l’altro, da chi, restandone soggiogato, vi scorge numerose, visibili e invisibili, qualità.
In proposito, ritornando allo strofinaccio, esso di certo possiede capacità seduttive, visto che, in quanto oggetto inanimato, l’appeal che esercita è funzione della componente estetica, del valore simbolico indotto dal mercato e della funzione d’uso.
Anche la seduzione generata da un’opera d’arte, pur agendo con modalità e finalità differenti, comprova quanto le specifiche caratteristiche possono fascinosamente combinarsi tra loro.
Avviando ora un riguardoso parallelismo con le dinamiche relazionali umane, un individuo, per sedurre (etimologicamente, per condurre a sé), non può prescindere da una modalità comunicativa compatibile con l’interlocutore.
In tale contesto, non è anomalo che un individuo, ancorché insignificante, parimenti allo strofinaccio possa suscitare in alcuni soggetti predisposti una quota di fascinazione.
Va da sé, ad esempio, che certuni silenzi, anche quando non celano altro che taciturnità o indolenza, possono apparire interessanti, sulla falsariga del testo della canzone “Come te non c’è nessuno” di Rita Pavone.
Così come è sufficiente dotarsi di un paio di occhiali da sole per assumere “carisma e sintomatico mistero”, menzionando un fraseggio di Franco Battiato.
In soldoni, constatando la schiera di genere misto attratta da qualità inesistenti, è pertinente il parallelismo tra le doti fascinatorie dell’uomo e quelle di uno strofinaccio da cucina.
A questo punto, nonostante che certe componenti del fascino umano si dissolvano in un battito d’ali e raramente corrispondano all’ esposizione, quando esse vengono contemplate con reciprocità, si palesa l’affinità combinatoria delle parti.
A concreta dimostrazione del proverbio “chi si somiglia, si piglia”. Massimiliano Barbin Bertorelli