Com’é possibile non provare rammarico nell’osservare il nefasto e globale esito prodotto oggidì dall’ uso dell’intelletto umano?
Una condizione che pare compromettere e sconfessare l’originaria appartenenza dell’essere umano alla specie “sapiens sapiens”, ovverossia allo stadio evolutivo più elevato.
In tal senso, la doppia ripetizione del termine “sapiens” (due volte sapiente) manifesta già in partenza una gloria mal riposta, laddove parrebbe già troppo il termine singolo ad inquadrare il livello in-corso.
Anche rischiando un tracollo delle aspettative (come il sistema eliocentrico causa della demoralizzazione dell’essere umano rispetto alla pretesa della centralità terrestre), merita accenno l’uso sconfinato e mercificante della comunicazione mediatica da parte di un implacabile sistema informativo-pubblicitario che costantemente instilla nell’individuo un’idea desiderante di esistenza.
Per dato statistico, una moltitudine di individui é sensibilmente assuefatta a tale illudente fascinazione, mentre assume come propri desideri eterodiretti, esterni.
Insiste infatti una evidente minorità dinanzi agli innumerevoli consigli per gli acquisti, al punto da rimediare in capo all’individuo contemporaneo l’inglorioso appellativo di “marionetta”, citando A. Ganivet.
Il giungimento all’odierno traguardo dovrebbe rendere guardinghi, piuttosto che orgogliosi, a meno di transitare nella miope e sorda condizione di non riconoscere una sapienza che via via tracolla rispetto alla canonica rappresentazione della strada dell’evoluzione, in cui l’ uomo passa dalla posizione scimmiesca a quella eretta di oggidì, con lo sguardo basso e fisso, ipnotizzato dal display del telefonino.
In conclusione, se “il cieco caso è alla radice del prodigioso edificio dell’evoluzione” (cit. J.Monod) e se “il gioco dell’evoluzione potesse ripartire da capo, noi potremmo benissimo non uscirne più fuori” (cit. S.J.Gould), osservare l’andamento a ribasso dell’ economia di specie suggerisce di porre massima attenzione e pronto rimedio alla considerazione secondo cui “violenza e distruttività non sono intrinseche alla natura umana, bensì prodotte dall’evoluzione”(cit. R. Eisler). Massimiliano Barbin Bertorelli