Nel pomeriggio di giovedì 2 settembre, è ricorso il 77mo anniversario della fucilazione del Carabinieri di Albino Badinelli.
Per questo l’Arma dei Carabinieri e la Comunità di Santo Stefano d’Aveto hanno fatto una cerimonia in sua memoria.
Alla cerimonia, celebrata anche quest’anno in forma più semplice per rimanere in sintonia con le norme sanitarie di prevenzione, sono intervenuti il Col. Gianluca Feroce, Comandante Provinciale dei Carabinieri di Genova, il Sindaco di Santo Stefano d’Aveto Giuseppe Tassi e il nipote dell’eroe Vittorio Mazza.
Erano rappresentati anche la Compagnia Carabinieri di Sestri Levante, con il Cap. Luca Emilio Mechilli, e il “Comitato Albino Badinelli”, con il Presidente Don Tommaso Mazza.
Dopo la deposizione delle corone davanti alla lapide che ricorda la fucilazione e la lettura della motivazione della Medaglia d’oro, Don Bruno Mollicone, Cappellano della Legione Carabinieri Liguria, ha guidato un momento di preghiera e impartito la benedizione.
Il Sacerdote ha ricordato l’importanza del fare memoria di Albino, non solo per il suo eroismo, ma anche e soprattutto per la testimonianza cristiana che ha vissuto fino al martirio.
Il 2 settembre del 1944, infatti, rispondendo ad un ordine perentorio del Maggiore Cadelo, in cui si diceva che se tutti gli sbandati e i renitenti alle armi non si fossero presentati presso la Casa del Fascio di Santo Stefano d’Aveto, avrebbe fatto fucilare 20 ostaggi e incendiato il paese, Albino Badinelli raggiunse spontaneamente il comando, presentandosi a Cadelo. Quest’ultimo appena seppe che era un carabiniere lo considerò un disertore e lo condannò immediatamente a morte tramite plotone di esecuzione.
Chiesto di potersi confessare, cosa che gli fu negata, ebbe tuttavia la possibilità di confidarsi con monsignor Giuseppe Monteverde che, avvertito da un ragazzo, lo aveva raggiunto presso la Casa del Fascio.
Il sacerdote ascoltò le sue ultime volontà, lo benedisse raccomandandolo alla Vergine di Guadalupe e gli consegnò un crocefisso.
Accompagnato dal monsignore fu portato nei pressi del cimitero e posto di spalle contro il muro fu immediatamente fucilato.
Poco prima di ricevere la scarica mortale esclamò, baciando il crocifisso: “Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno!”
Il corpo fu lasciato esposto per ordine di Cadelo, a monito per la popolazione, ma venne trafugato da alcuni paesani guidati da monsignor Casimiro Todeschini, e posto su una scala di legno fu trasportato a spalla fino ad Allegrezze dove venne sepolto dal locale parroco monsignor Primo Moglia nel cimitero, dopo un breve rito funebre.