“No, non mi lasciare, non mi rovinare” è un ritornello di una canzone del 1959 di Rocco Granata.
Nel drammatico vagolare dei sentimenti e dei loro esiti, il fraseggio viene utile per riecheggiare la condizione dell’uomo quando la partner (a prescindere dal genere) trova finalmente in sé la forza dell’abbandono.
L’argomento, nell’ottica di normalizzazione, conduce dritti dritti ad un duplice interrogativo: che fine fa quel fervido e incondizionato sentimento che identifica l’avvio di una relazione? Come può un sentimento d’amore sincero, nel tempo, mutarsi in sentimento d’odio?
In sostanza, l’interrogativo è unico e la sua unica risposta sancisce implacabile la gracilità e la provvisionalità dei presupposti di qualità assegnati al sorgere del sentimento, combinata viepiù all’esigenza di dotare la personale esistenza di un affetto a funzione-stampella.
Si espone infatti a contraddizione la premessa di sincerità di fronte ad un suo opposto divenire. Analogamente, qualsivoglia pretesa individuale di autonomia di fronte alla permanenza in una relazione di comodo.
Detto fatto, il ritornello in premessa non presumeva la preoccupazione dell’abbandono per le sue conseguenze materiali, non implorava la riappacificazione per timore di una rivalsa economica della partner (sempre a prescindere dal genere). Esso, presumibilmente, riferiva il patimento, la “rovina” in cui incorre ogni singola esistenza a seguito di un abbandono sentimentale, a seguito del ricordo di una promessa infrangibile, pur tuttavia infranta e, soprattutto, a seguito della scomparsa di un abituale appiglio cui aggrapparsi.
Per estensione, il motivo per cui l’affetto, elargito a piene mani all’ avvio del rapporto, cessa di colpo coinvolto nel turbinio dello s-legamento e si trasforma ne “La guerra dei Roses”, rivela l’elemento clandestino che può covare in ogni impetus amoroso.
Inoltre, a riscontro del fatto che il bisogno d’amore crea l’amore, cala immediata la scure sui rapporti sentimentali. Questione presente già ai tempi del ritornello e presente parimenti oggi sotto le mentite spoglie di un mondo nevrotizzato e compromesso da istanze egotiste, comunque gravitante intorno al reperimento urgente di un’anima gemella come fosse un prodotto commerciale. In quanto tale, facilmente reperibile sul mercato con la frequentazione dei siti social dove si concentra un buon numero di simili insoddisfatti bisogni.
Resta che ogni innamoramento decide il destino dell’individuo e che la dissensione tra parti emotivamente fragili non può più considerarsi un’eccezione.
Finché la tematica amorosa tenderà ad essere affrontata con malsana narcisistica differenziazione, l’edificio valoriale che la ospita non potrà che avere fondazioni vacillanti.
Per cui, se già nella buona sorte sentimentale entrambe le parti si sottopongono a quotidiana usura, figuriamoci nella cattiva. Massimiliano Barbin Bertorelli