L’ANPI di Varazze e il “Giorno della Memoria”, che anche quest’anno sarà come sempre al fianco dell’Amministrazione Comunale
L’ANPI di Varazze e il “Giorno della Memoria”, con un comunicato inviatoci da Francesca Agostini, Presidente della Sezione dedicata al Dr. Berto Ghigliotto, ha voluto evidenziare il loro dispiacere per non poter ancora una volta, a causa dell’emergenza epidemiologica, organizzare “un evento importante, condiviso con una grande partecipazione della cittadinanza”.
Comunicato che qui di seguito pubblichiamo integralmente, così come pervenutoci:
«Le condizioni sanitarie dovute alla pandemia non consentono di organizzare un evento importante, condiviso con una grande partecipazione della cittadinanza come in realtà si avrebbe voluto e come abbiamo sempre realizzato.
Per celebrare il Giorno della Memoria parteciperemo la mattina del 27 gennaio alle ore 11:00 in Piazza Nello Bovani, a un moneto di raccoglimento in prossimità delle pietre d’inciampo, ricordando i nostri concittadini deportati e mai più tornati dai campi di sterminio:
– i Fratelli Antonio e Bartolomeno Accinelli, Bernardis Agostino, Canale Livio, Cerruti Armando, Cerruti Pietro, Delfino Antonio, Isetta Giovanni, Koffler Lodovico, Leghissa Mario, Piombo Mario, Piombo Angelo, Pigozzi Luigi e Salvati Giobatta.
Nel pomeriggio alle ore 18:00, presso il Teatro Don Bosco, daremo lettura di alcune pagine del libro “Matricola 201825 – Diario di chi è tornato” scritto da Luigi Isola, cittadino Varazzino, deportato ad Auschwitz ed in altri campi di concentramento e sopravvissuto alla Marcia della Morte.
Il Giorno della Memoria non è soltanto una ricorrenza, in cui si medita sopra una delle più grandi tragedie della storia, ma è un invito, costante e stringente, all’impegno e alla vigilanza su ciò che accade oggi.
Son infatti passati settantasette anni dalla liberazione del campo di sterminio di Auschwitz, il 27 gennaio 1945, da cui nasce appunto la data simbolica per la celebrazione del Giorno della Memoria, eppure, nonostante il tanto tempo trascorso, l’orrore indicibile che si spalancò davanti agli occhi dei testimoni è tuttora presente davanti a noi, con il suo terribile impatto. Ci interroga e ci sgomenta ancora oggi.
Perché Auschwitz non è soltanto il risultato finale di un’ideologia folle e criminale e di un sistema di governo a essa ispirato. Auschwitz è il simbolo del male assoluto. Auschwitz, il più grande e più letale dei campi di sterminio – con le sue grida, il suo sangue, il suo fumo acre, i suoi pianti e la sua disperazione, la brutalità dei carnefici – è stato spesso, e comprensibilmente, definito come l’inferno sulla terra. Ma fu, di questo inferno, solo l’ultimo girone, il più brutale e perverso.
Un sistema infernale che ha potuto distruggere milioni di vite umane innocenti nel cuore della civiltà europea, soltanto perché, accanto al pilastro dell’odio, era cresciuto quello dell’indifferenza. Quel male che si nasconde nei bassifondi della società, negli strati occulti dell’ideologie, negli stereotipi e nei pregiudizi. Pronto a risvegliarsi, a colpire, a contagiare, appena se ne ripresentino le condizioni.
“Una società senza diversi: ecco, in sintesi estrema, il mito fondante e l’obiettivo perseguito dai nazisti. Ma quando il benessere dei popoli o gli interessi delle maggioranze, si fanno coincidere con la negazione del diverso – dimenticando che ciascuna persona è diversa da ogni altra – la storia spalanca le porte alle più immani tragedie.
Nell’ordine di Hitler, non c’era posto per la diversità, la tolleranza, l’accettazione, il dialogo. La macchina della propaganda si era messa in moto a tutti i livelli per fabbricare minacce improbabili e nemici inesistenti e dove la propaganda non bastava, arrivavano il terrore e la violenza.
Le persecuzioni naziste si iscrivevano in un progetto di società basato sul predominio dei popoli cosiddetti forti e puri sui popoli deboli, su un nazionalismo esasperato nemico della convivenza, sulla guerra come fonte di rigenerazione e di grandezza, su un imperialismo alimentato da delirio di onnipotenza, sulla sottomissione dell’individuo allo Stato, sulla negazione della libertà di coscienza, sulla repressione feroce di ogni forma di dissenso.
Tutto quel che la nostra Costituzione, grazie alla Resistenza, ha voluto consapevolmente bandire e contrastare con il riconoscimento di eguali diritti e dignità ad ogni persona e con l’obiettivo e il metodo della cooperazione internazionale per una convivenza pacifica tra i popoli e gli Stati.”
E’ per questo che ancora oggi, ha un significato importante ricordare, ma dobbiamo farlo cercando di mettere nel nostro modo di vivere quotidiano ciò che abbiamo imparato e fare della nostra Memoria una “Memoria Attiva”, capace di riconoscere, di ribellarsi, di reagire alle ingiustizie, e non sarà mai troppo “antico” ricordare questi tristi fatti perlomeno fino a quando ci saranno nel nostro mondo ancora discriminazioni, per il colore della pelle, per la religione professata, per le disabilità, per l’orientamento sessuale, per l’antisemitismo e fino a quando tutti gli uomini abbiano uguali diritti.»
Fonte: ANPI Sezione Dr. Berto Ghigliotto