Dopo l’anteprima dell’estate 2021 a Santa Margherita Ligure, debutta quindi in prima nazionale “Vita nei boschi”, il nuovo spettacolo dell’attore genovese Pino Petruzzelli è nato dall’emergenza-Covid. L’atto unico debutterà in prima nazionale il 18 febbraio al Teatro della Tosse di Genova.
-Cosa c’entrano i boschi con il Covid?
“Lo spettacolo è la mia reazione a questo periodo tragico, pieno di lutti, sofferenze, limitazioni – risponde Pino Petruzzelli – Ho usato questi mesi di restrizioni e di immobilità forzata per scrivere, come tanti altri miei colleghi, e continuare a sognare. La storia parla di boschi e di aria aperta, in contrapposizione con i mesi che abbiamo dovuto trascorrere chiusi in casa. Nel suo piccolo è anche un messaggio di speranza e normalità”.
-Il titolo ricorda qualcosa…
“Certamente, ed è una cosa voluta. Ho scritto questo spettacolo in un mese e mezzo, ispirandomi al libro Walden, vita nei boschi dello scrittore e filosofo americano Henry David Thoreau. Il protagonista del libro si ritira per due anni in una foresta per criticare una società tecnologica: anche se nel XIX secolo la tecnologia non era certamente paragonabile a quella di oggi. Io invece penso che sia fondamentale una sinergia tra la natura e la tecnologia”.
-Chi è il protagonista di questo spettacolo?
“Il protagonista si chiama Pino, ed è un attore. Potrei essere io, o anche un altro attore. I teatri sono chiusi, le recite sono interrotte – si domanda Pino – Che ci sto a fare in città? Se succede qualcosa, se qualcuno mi chiama per uno spettacolo, posso essere raggiunto ovunque con il telefonino. Quasi quasi me ne vado a vivere tra i boschi. E così Pino parte per riscoprire la sua umanità stando a contatto con la natura. Decide di costruirsi una casetta nel bosco, sull’Appennino Ligure. Vivendo lì scopre tante cose. Capisce cosa significa vivere nella natura, essere in contatto con un entroterra abbandonato. Vede che una sinergia tra la città e l’entroterra è fondamentale, perché l’entroterra ha bisogno della città e viceversa. Il messaggio è che bisogna investire sul territorio che circonda la città, non lasciarlo abbandonato”.
-La tecnologia è compatibile con l’ecologia?
“La tecnologia ci può aiutare a vivere meglio il territorio. Invece dagli anni ‘50 del novecento l’arrivo della tecnologia non ha fatto altro che svuotarlo. Oggi però sappiamo quanto sia importante un diverso rapporto tra uomo, città e retroterra. Lo spettacolo è ambientato tra 20 anni, nel 2040. Inizia con il racconto di un personaggio, un po’ anziano, che ricorda quanto successo quando era più giovane, nel 2020. Il resto si capisce guardando lo spettacolo”.
PAOLO FIZZAROTTI