UE attacca carne e salumi provenienti dall’Italia, no al cibo sintetico, ed è necessario difendere il patrimonio Made in Italy
UE attacca carne e salumi provenienti dall’Italia , non solo vino, l’Unione Europea vuole cancellare anche la promozione di carne e salumi colpendo un settore da primato del Made in Italy agroalimentare, con la norcineria nazionale che offre lavoro a circa centomila persone e vale 20 miliardi.
E’ quanto denuncia la Coldiretti nel riferire che il Consiglio UE Agricoltura e Pesca dei 27 Paesi di lunedì 21 febbraio ha posto all’ordine del giorno la presentazione e discussione di un documento congiunto sulla politica di promozione europea di Austria, Belgio, Bulgaria, Ungheria, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Polonia, Portogallo, Spagna e Ungheria.
L’Italia, sotto la spinta della Coldiretti, anima il fronte europeo dei 12 Paesi che si oppongono alla revisione dei prodotti ammessi alla promozione dell’UE da parte della Commissione europea, che punta all’esclusione di alcuni settori come appunto la carne, i salumi ed il vino, considerati pericolosi per la salute.
“Bisogna agire subito per scongiurare l’esclusione dai fondi della promozione di settori chiave del Made in Italy. –spiegano Gianluca Boeri Presidente Coldiretti Liguria e Bruno Rivarossa Delegato Confederale-
La demonizzazione di carne e salumi, che hanno dietro milioni di lavoratori europei, coincide in maniera evidente con la propaganda del passaggio a una dieta unica mondiale, dove il cibo sintetico si candida a sostituire quello naturale e con la “carne Frankenstein” che è già stata beneficiata da ingenti risorse pubbliche concesse dalla stessa Unione Europea a favore di aziende private;
dietro a questo business si nascondono rilevanti interessi economici e speculazioni internazionali che vanno a minare le basi della dieta mediterranea che la stessa Unione Europea a parole difende.
L’Italia è il Paese più ricco di piccole tipicità territoriali –proseguono Boeri e Rivarossa- e, come Coldiretti, non accetteremo in alcun modo che vengano danneggiati prodotti dalle tradizioni secolari, con un impatto devastante sull’economia, sull’occupazione, sulla biodiversità e sul territorio.
Quando una stalla chiude si perde un intero sistema fatto di animali, di prati per il foraggio, di prodotti tipici e soprattutto di persone impegnate a combattere, spesso da intere generazioni, lo spopolamento e il degrado”.