Un nuovo successo dopo le prime rappresentazioni, dovuto a due cast d’eccezione e alla parte musicale splendidamente eseguita e diretta: “Anna Bolena” di Gaetano Donizetti, su libretto di Felice Romani è tornata al Teatro Carlo Felice dopo centosettantuno anni e vi resterà ancora per tre spettacoli, 25, 26, 27 febbraio.
Inghilterra, 1536: gli autori rivivono la storia dell’infelice regina, condannata al patibolo perchè accusata di tradimento dal re Enrico VIII, aderendo alla probabile tesi della sua innocenza. Nota la volubilità sentimentale dello stesso re, ora innamorato della damigella Giovanna Seymour, che innescò addirittura, per cambiare consorte a piacimento, uno scisma religioso.
Una scena essenziale dai colori sfumati, in mezzo alla quale troneggia un seggio coperto da un elegante ed accecante pizzo bianco. Personaggi neri e mascherati si muovono intorno ad un re, con la corona ma in abiti borghesi di gusto recente, come del resto gli altri personaggi che si aggirano sulla scena.
Un ambiente storicamente neutro, come sostiene il regista Antoniozzi, dove le commistioni tra epoche sono” possibili e benvenute”. Ma qualcuno ha voluto vedere di più: il simbolo del permanere di una mentalità maschile immutata nel tempo ed accettata consapevolmente o meno anche da parte di alcune donne ( specie quando le vittime sono le altre ): l’uomo di potere è vincente e giustificato in ogni epoca, remota o attuale, indipendentemente dalla coerenza o meno del proprio agire.
Solo la regina Anna si presenta con un sontuoso e articolato abito da regnante dell’epoca e lo mantiene, anche se non c’è più o non c’è mai stato amore (e Anna viene descritta come una donna che ha badato di più ad inseguire la corona che al sentimento): oggi subdora l’allontanamento del re e sa di essersi lasciata lusingare dal “serto”, tuttavia si avvinghia ad un abbigliamento-simbolo del potere e ai suoi privilegi di sovrana.
Commovente e rivelante del carattere di Anna il dialogo con l’antico amore Percy, laddove si intuisce che lo ama ancora ma non si lascia tentare, ancora vivo è in lei il fascino del trono, mentre l’uomo, credendosi ingenuamente arrivato alla felicità, va invece, ingenua pedina del re, verso il patibolo preparatogli dal sovrano.
Bello lo spaccato di profili di pietas fra le due donne: Anna maledice la rivale sconosciuta ma perdona e consola quando si svela, consapevole che anche Giovanna va verso un triste destino, mentre quest’ultima intuisce subito quale sarà la sorte della sovrana e rinuncerebbe volentieri al trono ma non le è permesso da un re voglioso e tiranno.
La regina appare incredula quando apprende dallo stesso re che sarà giudicata da esterni come una persona qualsiasi ( “Giudici…ad Anna!); la scena raggiunge il culmine della drammaticità attraverso l’urlo della splendida e potente voce della soprano: ha capito, è perduta comunque.
Ma fin dalle prime battute aleggia un’atmosfera di ineluttabilità, per cui i destini di Anna e di Giovanna appaiono segnati, qualsiasi cosa possano fare o avere o non avere fatto: chi decide e attesta i fatti( “giustizia è dei re virtù” ) è il sovrano e non si tollerano pareri contrari nè opposizioni.
Un re ipocrita che finge gelosia e che per vivere un’ulteriore passione non esita a fabbricare una falsa realtà e a sacrificare vite umane. E dovunque aleggiano finzioni e giudizi dietro le ipocrite maschere bianche dell’enturage.
Il valore dell’opera sta anche nella costruzione in cui tutto fluisce naturalmente e non risulta pesante allo spettatore pur nella sua lunga durata di più di tre ore escluso l’intervallo.
E’ opera completa anche artisticamente in tutti i registri vocali, soprano, mezzosoprano, basso, tenore. La musica, abilmente diretta del maestro Quatrini, accompagna, asseconda e non sovrasta i dialoghi.
Le prestazioni degli artisti sono eccezionali anche nelle prove di belcanto “serio”. Si rinnova sul palco la perfetta fusione tra musica e libretto: un Donizetti compositore ritenuto prolifico ma che in quest’opera eccelle nel riunire le precedenti esperienze, un Romani librettista che si conferma fine conoscitore della psiche umana. ELISA PRATO