Teatro Carlo Felice di Genova – I Foyer. Domenica 13 marzo 2022, ore 11.00
Il primo appuntamento domenicale dell’anno con i concerti del Teatro Carlo Felice, domenica 13 marzo 2022 alle ore 11.00, è dedicato all’esecuzione della sequenza su testo di Jacopone da Todi “Stabat Mater” di Giovanni Battista Pergolesi, nell’interpretazione dell’Orchestra e Coro del Teatro Carlo Felice diretti da Francesco Aliberti, con le soliste Valeria Saladino, soprano e Daniela Aloisi, contralto.
Composto tra il 1734 e il 1735 su commissione della Confraternita di San Luigi di Palazzo sotto il titolo della Vergine dei dolori, fu iniziato a Napoli e portato a termine nel Monastero dei Padri Cappuccini a Pozzuoli, sotto la protezione del duca di Maddaloni, discendente dei fondatori del convento, dove Pergolesi si era rifugiato nel tentativo di riprendersi dalla malattia polmonare che l’avrebbe condotto alla morte a soli 26 anni. Da molti è ritenuto un testamento musicale.
Stabat Mater racconta di un dolore immenso a cui si risponde col coraggio di restare: il Signore ci invita a restare nel mondo e non essere del mondo (cfr. Gv 15, 18-21): a restare come Egli è rimasto, accettando completamente la volontà del Padre. Anche Maria resta : ai piedi della croce, “iuxta crucem lacrimosa”, consapevole, sin dal suo sì all’annuncio dell’Arcangelo, del dramma del Figlio, morto per riportare all’unità col Padre.
Jacopone da Todi, autore del testo della sequenza, è ricordato nella storia della letteratura italiana per aver trattato nel Pianto della Madonna la medesima vicenda della Passione di Cristo in ruvida lingua volgare e in forma dialogica, favorendo tra l’altro il sorgere di una condivisa esperienza di teatro religioso che estenderà la sua influenza sugli oratori di Carissimi e Handel, fino alle passioni di Bach. Anche lo Stabat custodisce, nelle pieghe di una lingua latina non rifinita, un senso profondo del teatro: il dolore di Maria si fa gesto contratto, volto deformato, espressionismo ante litteram.
Per il suo Stabat Pergolesi impiega il medesimo organico scarlattiano, con l’aggiunta della viola, che nel Settecento italiano si guadagna una crescente autonomia di scrittura anche grazie all’esperienza del concerto grosso maturata da Stradella e Corelli. Nello Stabat, Pergolesi dimostra di aver assimilato un linguaggio intenso, ravvivato da contrasti, urti, dissonanze e sospensioni, che tuttavia non esclude la naturale propensione alla melodia tanto osannata da Rousseau e che fa di Pergolesi un anticipatore di Bellini e Donizetti. ELI/P.