“La malattia professionale correlata all’amianto, accertata e documentata dall’Inail, ai fini dei benefici pensionistici, dispensa dalla verifica sia della durata superiore a 10 anni che della soglia minima dell’esposizione, dal momento che dimostra di per sé la nocività dell’ambiente lavorativo”.
E’ quanto ritiene la Corte dei Conti. Un ex marittimo genovese, poi manutentore di centrali termiche dell’istituto pediatrico Giannina Gaslini, ieri ha quindi vinto la battaglia legale contro l’Inps per potere andare in pensione anticipata a causa dell’amianto.
Il ricorso era stato presentato per ottenere “rivalutazione dell’anzianità contributiva, in conseguenza della malattia professionale per esposizione all’amianto dal 1977 al 2003”.
La domanda di pensione era stata presentata all’Inps nel 2018.
Il ricorrente aveva lavorato dal 1977 al 1981 come manutentore meccanico, carpentiere e tubista alla Centrale termoelettrica di Vado Ligure e all’acciaieria Italsider di Genova.
Dal 1981 al 1988, aveva navigato come marittimo, come ufficiale di macchina addetto alla manutenzione e conduzione di apparati di bordo.
Dal 1988 ha lavorato alle dipendenze dell’Istituto pediatrico Gaslini sino al 2007 come manutentore meccanico presso la centrale termica.
“Non si richiede una specifica durata o concentrazione espositiva o che la malattia superi una determinata soglia di gravità”, hanno spiegato i magistrati contabili nella sentenza, sottolineando che il periodo di esposizione all’amianto può essere provato anche con documenti e perizie, come accaduto durante la causa per periodi di lavoro su navi e all’istituto Gaslini.
Il consulente tecnico incaricato dalla Corte dei Conti ha ritenuto che il ricorrente sia stato esposto (in misura qualificata, nel periodo 1981-1988, per 88 giorni e modesta per il restante periodo) a fibre d’amianto aerodisperse, a cui si aggiungono i periodi riconosciuti dall’Inail, non contestati dall’Inps.
La Corte dei Conti ha anche riconosciuto l’esposizione ad amianto durante il lavoro all’istituto pediatrico di Genova Quarto sino alle ultime bonifiche degli impianti nel 2006 “seppur ad un livello tale da non poter ritenere tale esposizione qualificata che corrisponde ad una concentrazione di amianto aerodisperso non inferiore alle 100 fibre/litro come valore medio nei giorni in cui il lavoratore opera per almeno 8 ore”.
Il ricorso è stato accolto, riconoscendo i benefici pensionistici della legge 27 marzo 1992 n. 257, per i periodi di esposizione all’amianto, con l’applicazione del coefficiente dell’1,5.
Il ricorrente aveva ottenuto certificazione dall’Inail di malattia professionale esclusivamente per alcuni periodi limitati, mentre per il restante periodo di lavoro non aveva avuto alcun riconoscimento, nonostante l’insorgenza di patologia asbesto correlata.