Sono quasi mille i filonazisti ucraini del battaglione Azov, mercenari di ultradestra e militari ucraini, asseragliati nell’acciaieria Azovstal di Mariupol, che al momento di sono arresi alle Forze militari russe.
All’interno ne rimarrebbero un altro migliaio, ma il battaglione Azov è stato neutralizzato.
Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha avvertito che l’uscita dei militari rimasti sarà possibile “soltanto se depongono le armi e si arrendono come gli altri”.
Un successo per il presidente Vladomyr Putin, che ha sempre parlato di denazificare e smilitarizzare il Paese, evitare l’installazione di basi militari con missili puntati contro Mosca, neutralizzare la minaccia dell’espansione della Nato in un Paese dell’ex Unione Sovietica verso i confini russi e liberare il Donbass, la cui popolazione da otto anni ha patito e sta patendo le pene dell’inferno.
Inoltre, secondo alcuni osservatori, la prima resa più eclatante degli ucraini rappresenta anche un passo in avanti per poter arrivare a una fine del conflitto.
Un bus dopo l’altro, diretti ai campi di prigionia nel Donbass controllato dai separatisti e dalle truppe di Mosca, i filonazisti del battaglione Azov che si sono arresi e che sono stati definiti “eroi” dal presidente-comico ucraino Volodomyr Zelensky, stanno lasciando sempre più sguarnito il loro ultimo fortino a Mariupol.
La città costiera, persa nel 2014, è stata riconquistata dai russi e dai patrioti filorussi che da otto anni combattono per la libertà del loro popolo.
Secondo i conteggi diffusi dal Ministero della Difesa della Federazione Russa, in meno di 48 ore dall’inizio della resa degli ucraini, dall’acciaieria Azovstal sono usciti 959 militari, di cui 80 feriti.
Il Governo Zelensky non ha confermato i numeri di Mosca e spera di ottenere uno scambio di prigionieri a seguito della disfatta, anche se la Duma sta per approvare una legge con la quale si inserisce nell’elenco delle organizzazioni terroristiche il battaglione Azov, i cui componenti non potrebbero quindi essere scambiati con prigionieri russi in Ucraina.
Mentre i negoziati restano bloccati (a Kiev “manca la volontà” di trattare, ha accusato ancora una volta il Cremlino) l’offensiva russa continua serrata per liberare il Donbass, in aiuto ai patrioti separatisti, dove la regione di Donetsk è stata colpita da 28 bombardamenti in 24 ore.
Secondo lo Stato maggiore ucraino le truppe nemiche stanno cercando di assumere il pieno controllo di Lyman e Severodonetsk, attaccando da nord.
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Ricordiamo che il battaglione Azov è stato fondato dal militare e politico suprematista bianco Andrіj Bіlec’kyj, che ne fu primo comandante come gruppo paramilitare di orientamento neonazista nel febbraio 2014, durante le prime fasi della guerra del Donbass, in risposta ai patrioti separatisti filorussi.
Il battaglione Azov è stato inquadrato nella Guardia nazionale dell’Ucraina nel novembre 2014 e quindi riconosciuto ufficialmente dal Governo Zelensky.
L’unità miliare fa aperto uso della simbologia della Germania nazista, come il Wolfsangel nello scudetto dell’unità.
È stata inoltre accusata di crimini di guerra e tortura, soprattutto nel Donbass, dall’OSCE, dall’Alto Commissariato ONU per i Diritti Umani, da Amnesty International, da Human Rights Watch e da altre organizzazioni indipendenti.
Ed è proprio a Mariupol che nel giugno 2014 è avvenuto il battesimo del fuoco del reparto ucraino. La città costiera, diventata la roccaforte del battaglione Azov, ha fornito supporto e sostegno ai filonazisti. Ora è stata distrutta ed è tornata sotto il controllo dei patrioti separatisti filorussi e dei russi.