Il 25 novembre si celebra la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne 2022. La mostra “Com’eri vestita ?” è nata nel 2013 negli USA in collaborazione con il Centro di educazione contro gli stupri dell’Università dell’Arkansas e gira l’Italia grazie all’impegno dei gruppi locali di Amnesty lnternational nell’ambito della campagna #iolochiedo
È il poema “What I was wearing” di Mary Simmerling ad aver ispirato la mostra “Com’eri vestita?” in cui si raccontano storie di violenza sessuale attraverso i vestiti che le donne indossavano quando hanno subito la violenza.
Commenta la sindaca di Sestri Levante, Valentina Ghio: “I dati relativi alla violenza sulle donne sono spaventosi, soprattutto se pensiamo che evidenziano solo i casi in cui è stato possibile arrivare a una denuncia o che purtroppo hanno avuto una conclusione tragica. Per questo siamo molto onorati di ospitare Com’eri vestita una mostra che affronta un tema di drammatica importanza e attualità, di cui purtroppo occorre continuare a parlare. L’approccio dell’esposizione ci induce a riflettere su uno degli stereotipi più comuni legato alla violenza che lega una parte della colpa della violenza ai comportamenti femminili, come se questi in qualche modo giustificassero la violenza. Credo sia fondamentale educare e continuare a diffondere messaggi contro la violenza, in ogni forma e con ogni iniziativa possibile e come Comune di Sestri Levante continueremo a sostenere tutte le iniziative sul tema.”.
LA MOSTRA
Una stanza piena di pigiami, completi sportivi, gonne, tailleur da ufficio, vestitini estivi, maglioni in una non voluta galleria degli orrori straniante e di impatto, che permette alle visitatrici di “identificarsi” nelle storie narrate e ottenere delle risposte emotive di consapevolezza rispetto ai pregiudizi sulla violenza di genere. L’obiettivo è quello di indurre i fruitori della mostra a pensare alla banalità del male,a dirsi “ho questi stessi abiti nel mio guardaroba” oppure “ero vestita così proprio l’altro giorno”.
La mostra-esposizione “Com’eri vestita” espone non soltanto la realtà con cui i tanti centri antiviolenza del territorio entrano in contatto ogni giorno, ma cerca di rispondere provocatoriamente agli stereotipi sulla violenza sessuale che si celano dietro la domanda “Cosa indossavi? Com’eri vestita?”
Il presidio Nicholas Green Tigullio di Libera Genova per il secondo anno nel Tigullio proseguirà Anemmu, il progetto che l’Associazione Libera e l’Ufficio di Servizio Sociale Minori di Genova rivolge ai ragazzi e alle ragazze dell’area penale che stanno affrontando un percorso di giustizia riparativa. Ragazzi e ragazze che devono scontare il periodo di “messa alla prova”, ovvero la sospensione del processo e l’affidamento ai servizi sociali per un cammino di crescita che,se va a buon fine, estingue il reato. E per farlo, questi ragazzi, insieme ai loro educatori, hanno scelto la strada dell’antimafia sociale e responsabile.
Il presidio ha offerto ai ragazzi partecipanti, quattro in questo momento, un progetto che grazie alla collaborazione con associazioni ed enti del territorio si è sviluppato attraverso vari percorsi: cittadinanza attiva, con la collaborazione della Lega Navale di Chiavari, ambiente e consumo consapevole, con la collaborazione di Friday for Future e Cittadini Sostenibili, memoria con la collaborazione di Anpi Chiavari, conoscenza di sé attraverso un laboratorio di Arteterapia, fino a concludere questo periodo con “D(i)ritti in rete” in cui l’attività sportiva è stata proposta non solo come strumento di aggregazione, ma come chiave per la crescita personale e di gruppo.
La mostra sarà inaugurata venerdì 18 novembre alle ore 17,30 nella Sala Riccio del palazzo comunale vedrà la partecipazione di Amnesty lnternational e sarà visitabile fino al 28 novembre tutti i giorni con orario 8:00-13:00 e 14:00-17:00 .
Libera da sempre è impegnata nella difesa dei diritti delle persone e nella costruzione di legami positivi tra individui, a partire da un lavoro costante di sensibilizzazione in quei territori in cui è fortemente radicata una “cultura mafiosa” che struttura i rapporti tra persone in termini di forza e violenza. Una dinamica di sopraffazione che priva le persone delle loro soggettività, della possibilità di entrare in relazione con gli altri in maniera sana. Quello sulla violenza di genere è un focus necessario anche del nostro lavoro in quanto fenomeno drammaticamente attuale nel nostro Paese, che affonda le sue radici in un retroterra socioculturale poco attento alla cura di alcuni valori fondamentali e alla tutela dei diritti e delle libertà delle persone.
Da quello che leggiamo sui social network, dalle dichiarazioni in televisione e, a volte, nelle aule di tribunale, capiamo che parlare di violenza maschile contro le donne è ancora oggi fondamentale e che abbiamo bisogno di spiegare alle nuove generazioni che ogni tipo di relazione, sessuale e/o sentimentale, deve basarsi sul principio del rispetto reciproco, che è un incontro di due volontà ed entrambe hanno lo stesso valore. La campagna “Io lo chiedo” lanciata da Amnesty International
sul tema del consenso, ad esempio, ci dice quanto lavoro ci sia ancora da fare in merito, visto che nel nostro Codice Penale il reato di stupro è considerato reato solo se collegato alla violenza, alla minaccia o all’inganno. ‘Il sesso senza consenso è stupro’ è un concetto semplice, che dovrebbe mettere d’accordo tutti, ma purtroppo non è così e lo vediamo dalle cronache sessiste e intrise di stereotipi.
Per questo, pensiamo sia importante realizzare un percorso dedicato ai giovani e finalizzato ad affrontare il tema del rispetto della parità tra diversi generi, un lavoro di tipo pedagogico ed educativo sia nei contesti marginali, ma anche in contesti che, solo apparentemente, appaiono immuni da dinamiche di esclusione o di violenza. Da qui, spontaneamente, nasce la collaborazione tra il Presidio Nicholas Green di Libera nel Tigullio, che gestisce ormai da due anni il progetto Anemmu rivolto ai ragazzi in messa alla prova, con Amnesty e l’Ass. Verità e Giustizia: il Tigullio per i diritti per l’organizzazione della mostra “Com’eri vestita?”.
Lo scopo, fra i vari intrinsechi, è quello di coinvolgere direttamente i ragazzi nell’allestimento della mostra e provare insieme a loro a decodificare immagini, messaggi veicolati dai mass media e dai social media, per analizzare le informazioni e il linguaggio con cui vengono approcciate le questioni legate al mondo femminile.
La collaborazione si basa sul bisogno di un’azione coordinata tra diverse componenti della nostra società, che passa imprescindibilmente attraverso la promozione culturale, per sradicare la cultura patriarcale che condiziona la nostra vita quotidiana in ambito sociale, politico ed economico, e porre fine a quella manifestazione dei rapporti di forza storicamente diseguali tra i sessi che nutre le disuguaglianze di genere e che è fondamento di tutte le forme di violenza contro le donne.
Giulia Caramaschi Presidio Nicholas Green Tigullio Libera Genova
Le statistiche parlano di casi sempre più crescenti di donne vittime di violenza, molti dei quali sfociano in femminicidio e le cronache degli ultimi giorni ne sono una testimonianza diretta, sembrerebbe assurdo, irreale, spesso è così lontano dal nostro modo di vivere che non ci si rende conto di quello che succede magari nella porta accanto. Dove si consumano abusi, fisici e psicologici nei confronti delle donne, picchiate, umiliate, derise, abusate fisicamente e psicologicamente, annientate.
Tanti casi di femminicidio, che si ripropongono come una triste liturgia, ci costringono a domande davvero inquietanti sul nostro presente e sulla libertà che le donne hanno conquistato.
Ancora oggi le sopravvissute ad uno stupro si trovano a dover rispondere a domande del tipo: “Com’eri vestita?”, quando l’unica domanda legittima è: “Eri consenziente?”.
“Il sesso senza consenso è stupro”, è un concetto semplice, che dovrebbe mettere d’accordo tutti. Purtroppo non è così. In Italia il codice penale fa riferimento ad una definizione di stupro basata esclusivamente sull’uso della violenza, della forza, della minaccia di uso della forza o della coercizione. Senza alcun riferimento al principio del consenso, così come previsto dall’articolo 36 della Convenzione di Istanbul, ratificata dal nostro paese nel 2014. L’introduzione del principio del consenso nella nostra legislazione contribuirebbe a garantire il pieno accesso alla giustizia alle vittime di violenza sessuale.La nostra associazione sposa la campagna di Amnesty International che chiede l’adeguamento della nostra legislazione e una forte spinta ad un cambiamento culturale perché sia chiaro che il sesso senza consenso è uno stupro.
Quale prevenzione? Prevenzione da mettere in campo per chi subisce atti violenti e, quindi aiutarli in quel percorso volto a ritrovare se stessi, la propria identità, autonomia, elaborare tutte quelle situazioni conflittuali vissute, per trovare una nuova consapevolezza del proprio io ed essere psicologicamente più forti, aiutare le vittime a reinventarsi, renderle autonome psicologicamente ed economicamente, due aspetti fondamentali di dipendenza che spingono le vittime a subire la violenza del partner; ma fondamentale è la crescita culturale collettiva, che vede la divulgazione dei diritti umani al primo piano dell’attività dell’associazione Verità e giustizia: il Tigullio per i diritti. Con questa iniziativa proseguiamo il percorso avviato lo scorso anno con la realizzazione della panchina Gialla, dedicata a Giulio Regeni nel parco Mandela, con l’intenzione prioritaria di avvicinare ai temi dei diritti umani i giovani.
Andrea Lavarello – Ass. Verità e giustizia: il Tigullio per i diritti