Argomentare sul sentimento amoroso, per contiguità funzionale, esige di ricomprendervi l’esperienza della sopportazione. Non a caso, l’etimologia del termine sentimento ha una qualche familiarità col termine supplizio.
La sopportazione resta quindi una virtù implicata in molte realtà sentimentali, la cui durabilità, giustappunto, narra e riferisce più del timore di un destino ramingo e solitario che di un sentimento incondizionato nei riguardi dell’ altro.
Malgrado la sensazione della solitudine la si possa facilmente scorgere anche in forma di coppia quale destinazione prevedibile, ad esempio, in una relazione sentimentale di lungo corso, è paradossale che a tutt’ oggi il cingersi reciprocamente di un capestro resti la scelta più opzionata.
Non per niente, la narrazione afferisce alle dinamiche essenzialmente espiative che compongono l’ambiance degli affetti e ne innervano la struttura.
Assalendo la questione alle spalle, è anche prevedibile che tali dinamiche pseudo-affettive scontino difficoltà & accidenti al fine di elevarsi e manifestarsi oltre la soglia della sufficienza, oltre cioè l’autoimposta stabilità emotiva con cui, mutatis mutandis, l’individuo accoppiato si suole manifestare.
Queste stesse dinamiche, irrimediabilmente dissolto il sentimento, preservano la propria funzione socio-completiva, compensando con un effetto scenico assimilabile a “Neverland”, l’installazione di Halil Altindere alla Biennale di Venezia del 2019: una bella facciata davanti, puntellata sul retro.
Segnatamente all’ esigenza d’immagine, l’attuale individualismo consumista non può che fondare rapporti im-personali e orpelli distraenti attraverso i quali garantire l’ (in)felice sopravvivenza di molte realtà sentimentali contraddistinte peraltro dalla “paura di innamorarsi troppo” (per citare il brano di Lucio Battisti preferito dalla poetessa W. Szymborska).
In base al principio domanda & risposta, la domanda di colmare la solitudine trova risposta nell’esigenza relazionale, malgrado ogni convinzione egocentrista.
In sintesi, vale l’estensivo richiamo alla dissacrante affermazione di A. Karr: “l’amore è in chi ama, l’amato è un pretesto”. Massimiliano Barbin Bertorelli