Prosegue la 16°edizione del Festival Internazionale del Film Documentario BELDOCS 2023, https://www.beldocs.rs/en/. Pubblichiamo di seguito quanto ci racconta l’antopologo Damiano Gallinaro che segue da Belgrado questa importante manifestazione cinematografica.
Il sedicesimo Beldocs Festival è entrato nel vivo ieri con la presentazione dei primi film suddivisi in ben sette sezioni che spaziano da suddivisioni tematiche, con un focus sul cinema iraniano, fino al programma speciale per i ragazzi, passando per le sezioni in concorso: miglior cortometraggio serbo, miglior cortometraggio internazionale e miglior lungometraggio.
Difficile chiaramente al BELDOCS 2023 seguire tutto per via della sovrapposizione degli orari di proiezione in differenti location della capitale serba, per cui la scelta come spesso è veicolata dagli interessi e dalle sensibilità personali. Come antropologo mi sono occupato, e mi occupo ancora adesso, di memoria degli eventi tragici e della trasmissione pubblica e privata di queste memorie, e la difficile memoria di quanto accaduto negli anni novanta emerge in almeno due dei corti presentati nella giornata di giovedì.
“The river still flows”, il fiume scorre ancora, della regista serba Jelena Radanović, ci porta a seguire la cineasta in un viaggio nella memoria, in Kosovo, alla ricerca dei resti di quello che per la regista è stato un mondo fatato, quella casa in cui ha vissuto l’infanzia che ora non esiste più, completamente distrutta dalla furia della damnatio memoriae. Un viaggio tenero e struggente che commuove e fa riflettere sulla perdita delle radici e della memoria delle cose.
Diverso l’approccio alla memoria del film “Lopte”, Balls, Palle in italiano, di Gorana jovanović, che proprio da una partita di calcio di un passato ancora vivo e presente inizia e di palle (o balle verrebbe da dire) finisce per parlare. La partita in questione è quella tra Partizan e Hajduk, una della partite simbolo dell’inizio della dissoluzione della ex Jugoslavia, al termine della quale alcuni tifosi, se non ricordo male dell’Hajduk Spalato, bruciarono la bandiera jugoslava. Insieme alla partita tra Dinamo Zagabria e Stella Rossa, in cui si
narra dell’aggressione di Zvonimir Boban ad un poliziotto, viene considerata, nella narrativa popolare , uno degli episodi che diedero inizio alla dissoluzione della Jugoslavia. Si può tentare una riconciliazione tra le repubbliche della ex Jugoslavia proprio con il calcio? E’ quello che sembrano tentare le amministrazioni militari delle repubbliche con l’organizzazione di un torneo tra selezioni nazionali nella città di Sarajevo. La troupe segue la selezione serba in un surreale tentativo di normalità dove di normale c’è ben poco e termina con una sequenza in cui alcuni ultrà di una non meglio specificata squadra di calcio vengono scortati verso lo stadio. La violenza vince sempre?
L’attualità è invece entrata in modo drammatico e dirompente nella sala grazie ad un documentario eccezionale che andrebbe presentato e discusso a lungo, magari in uno con un documentario realizzato da troupe dell’altro stato che si sta contendendo centimetri di territorio in Donbass a costo di migliaia di morti, si tratta di “20 giorni a Mariupol” di Mstyslav Chernov, regista a lungo al centro di polemiche, e che narra i primi venti giorni di assedio della città da parte delle truppe russe.
Perché il regista era stato messo sotto accusa? Forse molti ricorderanno che durante i primi giorni di guerra vennero diffuse immagini di donne in stato di gravidanza colpite a morte, di fosse comuni, e di altre atrocità. Le immagini venivano inviate dall’unica troupe ancora presente a Mariupol, proprio quella diretta da Chernov, che venne accusato di aver usato modelle per montare una sorta di set, o di aver fatto gettare nelle fosse comune sacchi pieni di immondizia. Di essere quindi strumento della propaganda da parte di Kiev? Ma quei pochi secondi inviati con mezzi di fortuna erano davvero manipolati? Oppure l’estrapolazione dal contesto in cui sono stati realizzati si è prestata ad una sorta di dissacrazione dell’umano? Il footage integrale proposto dal regista sembra davvero smontare tutte le accuse, vedrete donne colpite a
morte dare alla luce i propri figli e morire, neonati nati morti, il dolore inenarrabile dei genitori, lo sconforto degli anziani e dei deboli, la rabbia di alcuni (soprattutto dei medici e dei sanitari) e i dubbi della gente, “chi ci sta veramente bombardando?”.
La realtà della guerra per quella che è sporca e crudele, ben diversa dalla geopolitica proposta dalle nostre tv. Sono certo che se avessimo l’occasione di vedere un reportage realizzato dalla parte russa del conflitto vedremmo le stesse scene di disperazione e morte, perché questa è la guerra.
Il programma del BELDOCS 2023 continua oggi e domani ci ritroviamo qui per parlarne insieme.
Damiano Gallinaro