“Scarsa trasparenza, conflitti di interesse, mancato rispetto della concorrenza e, soprattutto, un vizio originario relativo al decreto Genova post crollo Ponte Morandi”.
E’ la sintesi del documento di 22 pagine e delle 8 criticità o anomalie che minano la tenuta giuridico amministrativa di un progetto da un miliardo e 300 milioni secondo l’Anac (Autorità Nazionale Anticorruzione) che ieri ha contestato l’impianto normativo e le procedure dell’appalto per “la realizzazione della nuova diga foranea del Porto di Genova”.
A riportarlo è l’edizione genovese del quotidiano La Repubblica che sottolinea come gli uffici dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale e la struttura Commissariale straordinaria per la Diga, entrambe guidate dal presidente Paolo Emilio Signorini, entro pochi giorni dovranno fornire all’organismo diretto da Giuseppe Busia risposte e precisazioni: pena eventuali sanzioni fino al commissariamento.
Tra i fatti contestati, in particolare, c’è l’utilizzo del decreto Genova che, oltre a prevedere aiuti e deroghe per la ricostruzione del Ponte Morandi, sosteneva il capoluogo ligure anche per interventi necessari a rianimare l’economia regionale attraverso viabilità e ferrovie in primis, per un’opera in realtà programmata già nel 2010.
Tuttavia, sotto i riflettori è finita anche la “singolarità della procedura di affidamento seguita da Autorità Portuale” con l’Anac che ha contestato la “trattativa negoziata” che “potrebbe aver ristretto la concorrenza considerato che i prezzi sono stati rinegoziati con Webuild e Eteria, rilevando il mancato rispetto del principio di par condicio”.
Viene poi sottolineato come la modifica al capitolato introdotta per rendere più appetibile l’appalto potrebbe aver “costituito una alterazione delle iniziali condizioni di gara non controbilanciata da una apertura alla concorrenza”.