Esiste una evidente proporzione tra aspettative e delusioni: più alte sono le prime, più cocenti sono le seconde.
In generale, ad integrare la premessa, ciascuno pretende per sé una cura&attenzione che raramente rivolge agli altri.
In proposito, qualora l’aspettativa retro-agisse nei confronti di tale pretenzioso pretendente, questi non esiterebbe a procurare agli altri delusioni a raffica.
Non a caso, il pretenzioso pretendente adotta regole arbitrarie & misure ad hoc, orientate, sul fronte interno, alla completa auto-assoluzione; sul fronte esterno, all’assegnazione di colpa, all’insegna di “una delusione che può durare una vita” (cit. H. James).
Nelle relazioni interpersonali consegue pertanto che il cogliersi in fallo e l’auto-assegnarsi responsabilità per dis-attenzione non figurano in alcun ordine del giorno.
Chiudere un occhio, transigere su trascorse circostanze portatrici di dolore&malessere è quindi possibile solo quando il dolore&malessere è arrecato ad altri.
D’altronde, vigorosamente animati da finalità ego-centrate, non esitiamo a replicare, a danno altrui, quegli stessi subìti comportamenti che tempo addietro ci avevano fortemente deluso.
Tale è la parzialità di giudizio applicato alle relazioni interpersonali: non prevedere alcuna consapevole correzione, alcuna riparazione alle delusioni inflitte.
Detto fatto, l’individuo, nel suo percorso interattivo sociale, transita su una linea di confine in cui convergono entrambi i versanti dell’essere deluso e dell’essere deludente.
In conclusione, considerate le tesi combinate del deludere non è un attimo, stante il ripetersi delle dis-attenzioni, e del “tutti vogliono un amico ma nessuno si occupa di esserlo”, per citare A. Karr, ne deriva che la storia di un individuo profondamente deluso dagli altri, con buona probabilità, narra la storia di un individuo deludente. Massimiliano Barbin Bertorelli