“L’incontro di cui ha parlato Enrico Preziosi non c’è mai stato. Se ci fosse stato non mi avrebbe chiamato ma sarebbe andato in Procura perché lui non vedeva l’ora di avere in mano qualcosa contro chi lo contestava”.
Lo ha spiegato ieri in aula Davide Traverso, unico imputato che ha deciso di sottoporsi a interrogatorio al processo a carico di 15 persone, tra cui molti ultrà del Genoa, per le presunte estorsioni in cambio della pace del tifo.
Il genovese è stato presidente dell’associazione club genoani dal 2014 al 2018.
“Non facevo da intermediario tra Leopizzi e la società, anche perché lui non aveva bisogno di nessuno. Lo conoscevano tutti” ha aggiunto Traverso.
Il riferimento all’incontro è quello di cui aveva parlato l’ex patron del Grifone la scorsa udienza. Preziosi aveva riferito che nel 2017 si presentarono nel suo ufficio Leopizzi (uno dei principali imputati) e Traverso per chiedergli di saldare un debito di 200mila euro che Omar Milanetto aveva nei confronti di un albanese.
Dopo quell’incontro l’imprenditore chiamò Traverso e gli disse che aveva registrato tutto e che se non avessero smesso lo avrebbe fatto sapere a tutti.
“Preziosi – ha sottolineato Traverso – chiamava a casa uno per uno quelli che lo contestavano. Se fosse successa una cosa del genere ci avrebbe denunciato. Quella telefonata la considerai uno sfogo.
Artur Marashi (un altro degli imputati, ndr) me lo presentò la Digos allo stadio. Per me era un facente funzione della Questura. Ho scoperto dopo che lavoro faceva. ma lo vedevo sempre con la Digos, faceva la guardia del corpo ai giocatori in tribuna.
Le contestazioni erano normali quando la squadra non andava bene.
Non sapevo nulla sul fatto che Leopizzi mandasse soldi ad alcuni carcerati”, tra cui Guido Morso, in cella per l’omicidio di Davide Di Maria, avvenuto nel 2016.
Dopo l’interrogatorio di Traverso hanno rilasciato dichiarazioni spontanee altri imputati che hanno detto di “non avere mai chiesto soldi al Genoa e di avere sempre pagato di tasca loro tutto”.