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Toti: pure donatori non consideravano merce di scambio, tutto alla luce del sole

Giovanni Toti alla cena elettorale a Villa Lo Zerbino (foto di repertorio fb)

“Registrando ogni versamento, non solo da parte del Comitato Toti ricevente, ma anche dell’impresa o del soggetto donatore, appare chiaro che il donatore stesso non considera in alcun modo la sua dazione di denaro come merce di scambio o pagamento di un interesse illecito, attività che anche egli stesso con la pubblicità del versamento si incaricherebbe di denunciare”.

E’ in sostanza quanto dichiarato ieri Giovanni Toti, che è stato messo sotto torchio da tre pm in un interrogatorio durato quasi 9 ore.

“Il fatto di sostenere la nostra attività politica – ha spiegato Toti – non viene ritenuta da nessun imprenditore, neppure da Aldo Spinelli, cosi come da altri (Alberto Amico, l’imprenditore indagato che si occupa di manutenzione, riparazione e refitting di superyacht, ndr), motivo ostativo per impedire che esso, in occasione di contatti personali e telefonici, possa utilizzare quel momento per sottolineare o informare il governatore o un suo collaboratore di un problema, un progetto o una esigenza della sua attività, senza tuttavia un rapporto causa-effetto della sua donazione, come dimostra il fatto che lo stesso soggetto ha effettuato più donazioni in momenti e tempi diversi.

Si aggiunga, infine, e lo si è già visto che la disponibilità verso il mondo imprenditoriale e dei privati, in generale, è sempre stata data a prescindere anche dalla sola prospettiva di ottenere un contributo: l’ascolto e l’appoggio erano indistinti e funzionali a creare un beneficio di prospettiva per l’interesse pubblico”.

“Toti ha riferito che non si è mai intascato un euro – ha precisato oggi il legale difensore Stefano Savi – le elargizioni e le spese risultano tracciate in modo trasparente. Lo possiamo dimostrare.

Circa le contestazioni riguardo i finanziamenti di Aldo Spinelli, Giovanni Toti si è difeso e ha spiegato che le richieste di contribuzioni erano state fatte esplicitamente perché era un sovventore abituale, ma non si sentiva per questo vincolato da scrupoli a interloquire e chiedere con un soggetto interessato alla vicenda del porto.

Infatti, nel Porto di Genova non ci sono stati né vinti né vincitori, ma un accordo che ha impedito una nuova guerra degli scali nel momento in cui ci sono in ballo lavori importantissimi. E il presidente Toti ha chiarito di avere sempre operato alla luce del sole”.