Nonostante ciò che comunemente si ascolta e si crede, la personalità è solo una sperimentazione astratta, un feticcio concettuale, una percezione malintesa.
Dettaglio la greve e grave premessa, tentando di riportarla al rispettivo piano fattuale, evitando per quanto possibile i voli pindarici promanati da luoghi comuni e/o da auto-inganni.
La narrazione intende far rilevare la disambiguazione malcelata nella comune etimologia dei termini persona & personalità, di cui la strumentalizzazione mediatica fa largo e abile uso, a fini commerciali.
Una disambiguazione strettamente combinata alla minorità, all’ ancillarità dell’individuo incivilito dinanzi alle istanze desideranti innescate, impresse a fuoco sulla pelle di un consumatore che, alla resa dei conti, conta come vicolo stretto in Monopoli.
Sebbene questo momento storico parrebbe disponibile pronta cassa un’ampia gamma di libertà, esso ne aleggia solo la parvenza, laddove si esplicita il paradosso che una persona sia dotata di personalità in base a scelte commerciali eterodirette, pre-segmentate dal mercato.
Personalità diviene così una merce in acquisto, che, tuttavia, la persona si convince di possedere e di esercitare appieno con proprie autonome scelte.
Rispetto alla considerazione di Sigmund Freud per cui “la personalità, come la libertà, ha subito restrizioni con l’evolversi della civiltà”, la persona de-personalizzata è indotta a volere per sé ciò che l’industria patinata della pubblicità evoca e spaccia per personalità.
Allo strapotere di tale straniante omologazione, la persona oppone la stessa resistenza che il burro oppone ad una lama affilata.
Resta dunque forsennata la ricerca e inarrestabile l’emulazione di uno stereotipo che, in quanto tale, esclude la dote della personalità, salvo quella tele-guidata.
In sintesi, avere personalità presuppone essere liberi dalle grinfie di un mercato spacciatore. Massimiliano Barbin Bertorelli