Il regime di Bashar al-Assad è stato sconfitto dai ribelli jhadisti ed è caduto in soli dieci giorni. Decine di migliaia i profughi.
Gli islamisti hanno annunciato nella notte la conquista di Damasco, la fuga del presidente siriano e una “nuova era” nel Paese.
Gli insorti hanno sfondato il cordone di sicurezza intorno alla capitale e hanno buttato giù le statue del raìs e del padre Hafiz al-Assad.
Dopo il loro ingresso a Damasco, le forze di opposizione si sono dirette nel Centro cittadino e hanno preso il controllo dell’emittente radiotelevisiva pubblica.
I ribelli jahadisti, inoltre, hanno riferito di avere “liberato” il vicino carcere militare di Sednaya e circa 3500 detenuti sono usciti.
“Le porte sono state aperte per migliaia di detenuti che sono stati imprigionati dall’apparato di sicurezza durante tutto il Governo del regime” hanno riferito i responsabili dell’Osservatorio siriano per i diritti umani.
Il primo ministro siriano, Mohammed Ghazi Jalali, ha comunicato di essere pronto a collaborare con la “leadership” che verrà scelta dal popolo, mentre il capo del gruppo islamista Hayat Tahrir al-Sham ha spiegato che le istituzioni pubbliche di Damasco “rimarranno sotto la supervisione dell’ex primo ministro fino a quando non saranno ufficialmente consegnate”.
Il malandato Esercito siriano e le Forze di sicurezza del Paese hanno abbandonato anche l’aeroporto della capitale, abbandonandolo in mano ai ribelli come in sostanza avevano fatto nei giorni scorsi per le città di Aleppo e di Homs.
Al momento, il destino politico della Siria, travolta da una guerra in corso sul suo territorio da quasi 14 anni, appare segnato dopo la clamorosa e inaspettata marcia vittoriosa dei ribelli islamici, cominciata solo dieci giorni fa dalla remota regione nord occidentale di Idlib al confine con la Turchia, che ha travolto roccaforti governative, russe e iraniane come Aleppo e Hama.
Senza più il sostegno di Mosca, la struttura militare e politica della Siria di Assad si è in sostanza squagliata come neve al sole.
Gli ultimi sussulti di resistenza lungo l’asse Aleppo-Damasco si sono visti a Homs, crocevia del Paese e porta di accesso per la regione costiera, dove la Russia mantiene la base navale di Tartus e quella aerea di Latakia, entrambe sul Mediterraneo.
Sulla sorte del raìs, intanto, si rincorrono le indiscrezioni che lo vedono tutte già fuori dalla Siria, in fuga. Secondo fonti citate da Bloomberg avrebbe lasciato precipitosamente in aereo Damasco e sarebbe a Teheran, pronto a trattare anche per un esilio sicuro.
“Non è in nessuna parte della capitale” hanno rilanciato alcuni media Usa, mentre qualcuno non esclude possa essere anche a Mosca.
La fuga di Bashar Al-Assad segna la fine di uno dei regimi più longevi e oppressivi in Medio Oriente ed è un duro colpo per Russia e Iran, che perdono un alleato chiave nella regione.
“Aspettiamo la riunione a Doha per passi avanti verso soluzione politica. La nostra prima preoccupazione è la tutela degli italiani nel Paese, che sono tutti in contatto con la nostra ambasciata” ha dichiarato il vicepremier e ministro degli Affari Esteri Antonio Tajani (FI) sottolineando che sono circa 300 gli italiani che vivono in Siria: “Alcuni sono riusciti a lasciare il Paese”.