E’ incauto e semplicistico, quantomeno meritevole di approfondimento, sostenere come una capacità propria dell’essere umano sia quella di migliorare col tempo.
A prescindere dalla comoda ma impertinente assimilazione alla teoria del cosiddetto life long learning, occorre fare un preliminare distinguo su tale pretesa capacità.
Infatti, preso atto che essa effettivamente trova la sua ideale soddisfazione nell’ esito socio-economico tipico dell’ esistenza produttiva, cioè nell’ esaudire obiettivi estetico-materialisti, la stessa palesemente rifugge gli obiettivi etico-immateriali: talché, ad esempio, non prevede di migliorare quei tratti di personalità che, scansionando l’ intera vita dell’individuo, costituiscono una con-causa di conflitti&tensioni.
La narrazione sottolinea dunque l’ arcano: la pretesa capacità di miglioramento, indirizzata ad obiettivi estetico-materialisti, esclude totalmente gli obiettivi etico-immateriali, giacché, presupponendosi l’individuo sempre e comunque eticamente giusto, non contempla alcuna possibilità di miglioramento.
Salvo anonime eccezioni, tale miglioramento di sé resta un obiettivo fantasma, giacché l’ esperienza diretta & indiretta, mai assoggettata ad auto-critica, abdica alla sua privilegiante funzione.
A rigor di logica, ogni obiettivo etico-immateriale pretende l’ intus legere, il leggersi dentro, il ri-pensamento di sé e delle cause delle proprie circostanze.
In forza di ciò, ri-proporsi un rendiconto etico-critico delle proprie azioni-e-reazioni diventa un imperativo individualista, la cui arte dovrebbe infatti principalmente consistere nell’ evitare patimenti e dunque nel facilitarsi la vita.
Ecco perché sarebbe essenziale che ciascun individuo stabilisse come auto-genera il proprio carico di tensioni/conflitti, visto che, inesorabilmente, da carnefice, ne diventa la vittima principale.
In altre parole, “Il peso di un problema va calcolato al lordo, noi compresi” (cit. JS Lec). MBB