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Savona, le origini del conflitto in Ucraina spiegate bene dal prof. Becchi

Savona, prof. Paolo Becchi presenta il documentario del giornalista Vincenzo Lorusso
La storia del conflitto in Ucraina. Proiezione del documentario del giornalista Vincenzo Lorusso e discussione a Savona su quello che Tv e giornali non dicono

La proiezione del documentario sulle origini della guerra in Ucraina a partire da Maidan, organizzata dal gruppo “Pensiero critico” di Savona, ieri si è svolta nel migliore dei modi con una buona affluenza di pubblico e tanta discussione, anche con posizioni diverse, come è giusto che sia.

Tenendo presente le difficoltà cui va incontro la presentazione in pubblico di questi documentari in Italia, Savona ha dimostrato di essere una città libera.

Gli organizzatori, un gruppo di amici, mi hanno chiesto una breve introduzione al documentario e qui la offro per lasciare un segno.

Dopo la proiezione in collegamento dal Donbass ha parlato in collegamento video il giornalista Vincenzo Lorusso, che ha dovuto rispondere a molte domande dei cittadini presenti. Insomma, un bel pomeriggio, animato da quello spirito critico di pochi “resistenti” che ormai è l’unica cosa che vale la pena di coltivare. 

Una precisazione è anzitutto opportuna.  Il documentario è prodotto da Russia Today, un organo di informazione russo, e la traduzione è di Vincenzo Lorusso, giornalista freelance nel Donbass.

Il documentario risale al periodo immediatamente precedente l’inizio dell’intervento militare russo in Ucraina, nel febbraio del 2022.

Diciamolo subito con chiarezza. Non c’è dubbio che si tratti di una “visione di parte”, ma è questo una ragione sufficiente per tentare di bloccarne la visione?

Perché censurare un documentario che presenta una verità diversa da quella propagandata da tutti gli organi di informazione da ormai più di due anni?

Libertà di espressione significa anche avere la possibilità di farsi un’idea di una cosa, mettendo a confronto diversi punti di vista. E per questo è necessario avere un’informazione libera e differenziata.

I punti salienti del filmato sono i seguenti: i fatti di piazza Maidan e le conseguenze, la secessione della Crimea, la strage di Odessa, la guerra civile in Donbass a partire dal 2013/2014.

Per molti sono fatti noti, ma forse riassumere i fatti essenziali può essere utile per comprendere il documentario.

Maidan. Il 21 novembre del 2013 il Governo ucraino sospende i preparativi per un accordo con la Ue. Dal 2010 il presidente dell’Ucraina è Viktor Yanukovich, filorusso, e aveva vinto le elezioni in un modo del tutto legale. (Non ci sono stati contestazioni di alcun genere su queste elezioni). Nascono le prime proteste in piazza, dopo la decisione del Yanukovich di sospendere gli accordi con La Ue.

Inizialmente si tratta di proteste spontanee, ma ben presto gli Stati Uniti soffiano sul fuoco (nessuno può contestare alcuni fatti, una telefonata tra l’ambasciatore americano Pyatt e Victoria Nuland, viceministro agli esteri, in cui si programma la successione a Yanukovich, il senatore John McCain, che arringa le folle in Ucraina ecc.)  e il fuoco alla fine divampa.

Nel febbraio del 2014 la violenza, che covava da tempo, esplode. Sulla folla raccolta sulla piazza di Maidan sparano i cecchini e ci sono una ottantina di morti.  Non si è mai saputo chi fossero questi cecchini. Yanukovich fa un passo indietro, promette nuove elezioni, un accordo viene firmato alla presenza di Germania, Francia, Polonia e Russia, ma è solo carta straccia. Yanukovich fugge.  C’è un voto quindi di potere, Stati Uniti e la Ue intervengono subito a favore del cambio immediato di regime. Colpo di Stato o un normale processo democratico all’interno dell’Ucraina? Si tratta di un processo democratico, quando un Presidente della Repubblica regolarmente eletto è costretto a fuggire?

Crimea. Gli eventi di piazza Maidan comunque non potevano lasciare indifferenti, non potevano non avere conseguenze, soprattutto per la popolazione russofona presente in alcune regioni dell’Ucraina. La reazione è immediata in Crimea.

Già la fine di febbraio inizia a farsi strada, il movimento secessionista è l’undici maggio il Parlamento dichiara l’indipendenza, dopo che nel marzo un referendum aveva sancito la volontà di distaccarsi   dall’Ucrania e di riunificarsi alla Russia. La secessione avviene in modo indolore. Non ci sono morti, proteste di piazza. Tutto avviene pacificamente.

Va pur detto che i russi in Crimea costituiscono il 98% della popolazione e il referendum a favore della secessione aveva avuto percentuale schiaccianti (96,77%) con una grande affluenza.

I votanti scelgono di tornare a far parte della Russia perché, come sappiamo, è soltanto Krusciov che l’aveva ceduta all’ Ucraina nel 1954.

Anche oggi, tuttavia, questo risultato non è accettato dalla “comunità internazionale”. Il diritto all’autodeterminazione vale per l’Ucraina, che dopo la dissoluzione dell’URSS si è creata come Stato autonomo, ma non per la Crimea che vuole staccarsi dall’Ucraina.

Odessa. Nel maggio 2014 a Odessa ci sono manifestazioni, questa volta contro il Governo di Kiev, ma questi manifestanti, a quanto pare, non hanno diritto di manifestare. Ci sono scontri di piazza con squadristi sostenitori del Maidan.

Alcuni manifestanti cercano rifugio nel palazzo dei sindacati della città. In realtà finiscono in trappola. Più di 40 persone vengono assediate, poi raggiunte giustiziate e bruciate.  La Polizia non interviene.

Il documentario presente anche alcune scene di questo orrore, non è un film, è un fatto accaduto e che non si può negare, anche se di questo nessuno vuole parlare.   

La guerra civile nel Donbass.  Il massacro di Odessa non poteva non avere conseguenze nel Donbass. L’undici maggio si tengono i referendum popolari e anche nel Donbass si vota per l’indipendenza da Kiev.

A maggio le elezioni in Ucraina le vince Poroshenko, propone all’inizio un cessate il fuoco, ma subito dopo si capisce che le intenzioni sono altre, quando vieta l’uso in pubblico della lingua russa nel Donbass e a luglio lancia l’operazione militare contro i ribelli del Donbass: “l’operazione antiterroristica”.

Insomma, tutti gli abitanti del Donbass sono considerati alla stregua di terroristi. Inizia la guerra civile in Donbass tra il Governo centrale e i ribelli che rappresentano la maggioranza russofona della regione.

Tentativi di accordo mai rispettati, Minsk 1 e Minsk 2, la popolazione del Donbass viene sottoposta a continui bombardamenti da parte del governo centrale.

Nel 2019 vince le elezioni Volodymyr Zelensky, promettendo la pacificazione nazionale. Sarebbe stato sufficiente riconoscere al Donbass l’autonomia prevista dagli accordi di Minsk 2 per risolvere il problema, ma Zelensky cambia idea subito e si rimangia tutto. A questo punto la guerra civile diventa (anche) guerra tra due Stati. Nel 2022 avviene l’intervento militare russo nel Donbass.

Il senso del documentario? Certo è quello di far vedere che la Russia non aveva altre alternative e giustificare quindi l’intervento.  Per discutere adeguatamente questo punto bisognerebbe tuttavia andare più fondo e prendere le mosse dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica.

È a partire infatti da quell’evento traumatico che si è riproposto il problema delle diverse nazionalità presenti nell’Unione, che reclamano la loro indipendenza. La “questione nazionale” è rilevante non solo nel periodo della dissoluzione dell’URSS, ma altresì negli anni della sua formazione.

Qui sarebbe decisivo prendere in considerazione la posizione di Lenin sulla questione nazionale, originalissima, e sulla quale in Italia solo Amadeo Bordiga aveva posto l’attenzione nel secondo dopoguerra, in diversi scritti come in “Struttura economica e sociale della Russia d’oggi”.

Mi si potrebbe obbiettare che in epoca di globalizzazione parlare di nazione o di diritto all’autodeterminazione dei popoli, è come parlare dei dinosauri. Quello che sa succedendo in Ucraina e in Palestina dimostra però che non è così. Prof. Paolo Becchi

Prof. Becchi: ecco la vera storia della guerra in Ucraina, taciuta da Tv e giornali

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