E’ logico presumere che l’individuo aspiri ad una vita felice e che ogni sua azione quotidiana sia orientata a questo obiettivo.
Tuttavia, questo individuo, malgrado vi si prodighi senza posa, per dato storico-statistico, riesce perlopiù a procurarsi un amaro destino di tensioni e patimenti, sotto mentite spoglie.
In effetti, approntata la necessaria distinzione categorica, funzionale all’ attuale turbo-capitalismo finanziario, tra individuo ordinario & individuo straordinario, tale amaro destino riguarda entrambi: il primo, nel suo mal-nato barcamenarsi quotidiano, e il secondo, nella sua ben-nata cumulazione di beni.
Stante la premessa, il primo, l’ individuo ordinario, mediaticamente incalzato dal confronto sociale e frustrato da una malintesa percezione di sé, eleva a straordinariamente felice ogni vita altrui sconosciuta, quando farcita di beni materiali.
E’ tuttavia risaputo che ogni visione distante-esterna, che scruta il colore dell’erba del vicino, non può che essere una visione superficiale.
Per deduzione, a mano a mano che la distanza si accorcia, si affina la percezione personale, fino ad un riconoscimento realistico prima impedito da una percezione offuscata.
Solo dinanzi a questo realistico riconoscimento, una realtà intrigata di antagonismi predatori, di ansie di profitto, di controversie giudiziarie, di faide ereditarie, può definirsi rinunciabile. Una realtà il cui esito si può già ascoltare nel brano “Seme gente de borgata” de I Vianella (1972).
A parte l’irrinunciabile ironia, è opportuno riflettere sempre sull’ interesse che può avere il consumismo nel convincere l’individuo di quanto straordinariamente felice sia una vita di abbondanza, quindi nel celebrarne i pregi e nell’ ometterne i difetti.
In soldoni (per restare in tema), se è un’ipotesi che la logica capitalistica non è in grado di garantire la continuità della specie, come sostiene N. Shukin, un’altra ipotesi è che la stessa logica, diversamente da ciò che sembra, non pare sempre in grado di trasformare la materia in spirito (cit. N. Kazantzakis).
Pertanto, al netto dell’ idea consumista di felicità e della conquista di una percezione personale lucida, la lussuosa vita del turbo-capitalista, tra la cumulazione di beni e le pompose esibizioni, pare in realtà gravitare in una volontaria aspirazione all’affanno. MBB
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