Stavolta Tullio Solenghi si cala nel personaggio di Pignasecca indossando la maschera di Gilberto Govi, grazie allo stupefacente trucco di Bruna Calvaresi.
Lo stesso Solenghi ha voluto che il ruolo di Alessandro Raffo fosse interpretato dal comico genovese Mauro Pirovano. L’affiatato cast è composto da Laura Repetto, Matteo Traverso, Aleph Viola, Roberto Alinghieri, Stefania Pepe, Claudia Benzi. Il progetto scenografico è di Davide Livermore.
La commedia inizia con la signora Matilde che fa i conti della spesa con la domestica Lucia. Arriva il marito, il signor Felice Pastorino, che inventa scuse che costringono le donne a rivedere i conti ai danni di Lucia. Felice vorrebbe che la figlia Amalia sposasse il cugino, Alessandro Raffo, maturo commerciante benestante. Ma Amalia è innamorata del giovane Eugenio, vicino di casa emigrato per cercare fortuna, dopo che Felice gli ha rifiutato la mano della figlia. Mentre si aspetta a pranzo il cugino Alessandro si presenta Eugenio, accompagnato dal figlio del suo capo, Manuel Aguirre, un ricco commerciante argentino, a Genova per sbrigare un affare, per il quale chiede subito una consulenza a Felice. Appena arriva il cugino Alessandro, tutti se ne vanno, a parte Felice, compresa Amalia che finge un malessere.
Felice e Alessandro discutono sulla dote e si accordano per 200.000 lire. Quindi Manuel ed Eugenio raggiungono Felice per parlare dell’acquisto di un bastimento con la mediazione dello stesso. Terminato il colloquio d’affari, Eugenio chiede la mano di Amalia e Felice la rifiuta nuovamente, anche per non separarsi dalla figlia, che andrebbe a vivere in Argentina. Manuel e il proprietario della casa Isidoro cercano di convincere Felice a cedere, ma questi continua a trovare scuse e riesce a contrattare con il cugino la riduzione della dote a 100.000 lire. Ma nel frattempo Amalia si dilegua con Eugenio.
Manuel annuncia la positiva conclusione dell’affare e che la “casa Aguirre”, di cui Manuel è l’erede, avrà bisogno di una persona di fiducia sul posto nella persona di Eugenio. A questo punto Felice acconsente alle nozze, a patto che si uniscano i due appartamenti contigui in un unico appartamento e che le spese dell’apertura nel muro siano a carico del proprietario, Isidoro.Le nozze tra i due giovani si faranno e tutti si riuniscono davanti alla Tv che trasmette il festival di Sanremo.
Dalla commedia è stato tratto anche un bel film in bianco e nero del 1948 ” Che tempi!” dove Govi interpretava Felice, Lea Padovani era Amalia, Paolo Stoppa interpretava il cugino Alessandro, un giovane Walter Chiari interpretava Eugenio e l’Albertone nazionale vestiva i panni di Manuel.
Comicità esilarante ma anche tristezze ben note del buon tempo antico, non sempre così buono: un padre padrone arcigno che governa i destini delle donne di casa e che pensa solo all’interesse proprio (nonchè ad un bastone per la sua vecchiaia ) e che non intende separarsi dalla figlia a prezzo della felicità di questa, il cui parere conta poco o nulla. Ma anche una storia di giovani di sani principi, tosti nel perseguire i propri sentimenti: Eugenio è sempre fedele ad un amore datato, Amalia è la figura di una giovane e di una figlia ben diversa dalla superficiale Matilde de “I maneggi”.
Si rappresentano persone e pscologie tutto sommato abbastanza note, un ligure avaro per antonomasia attorno al quale si muovono personaggi e situazioni non sconosciute nell’ambito delle famiglie liguri di ogni tempo: nel matrimonio si guarda alla famiggia, alla poxiçiun e poi semmai all’ommo, senza troppi riguardi a valori comuni e sentimenti dei nubendi, ma badando piuttosto a tenere insieme i patrimoni familiari con unioni fra parenti, una sorta di rappresentazione di un’epoca non lontana.
Memorabile la scena del duetto dei sigari interpretata dai due protagonisti. Anche in questa commedia sono ricorrenti le psicologie palesi o sotterranee delle vicende sentimentali di coppie giovani o meno, spesso presenti nel teatro goviano.
Gilberto Govi, nonché i bravi caratteristi che li affiancavano, catturavano, dalla prima parola all’ultima, l’attenzione del pubblico e la loro mimica esilarante faceva passare quasi inosservata una tecnica di recitazione complessa e impeccabile. Oggi Solenghi ed il cast confermano con coraggio e passione un modello di recitazione parallelo a quello originale: ciò che il pubblico si aspetta e al quale oggi può meglio rivolgere l’attenzione, oltre che alle indiscusse doti comiche. ELISA PRATO