La storia di una moto
Royal Enfield Bear 650: da un primo contatto con la nuova nata della casa di Chennai, può sorgere il dubbio sulla scelta del nome. Infatti “Bear”, quindi orso, potrebbe lasciare spiazzati e si potrebbe non capire il motivo per cui le maestranze anglo-indiane abbiano optato per una simile scelta.

Occorre però andare più a fondo per scoprire le interessanti origini di questo nome. Vediamole insieme prima di parlare di lei nel dettaglio. Il nome “Bear” deriva da una famosissima gara americana, la “Big Bear Run”, una delle competizioni più difficili in assoluto negli USA, che nel 1960 vedeva alla partenza oltre settecento piloti tra professionisti e dilettanti, sfidarsi lungo le 158 miglia, quindi oltre 250 km di fuoristrada tra le pietre e la polvere del deserto del Mojave nella California del Sud. In quel fatidico anno, un giovane pilota esordiente, solo sedicenne, dal nome di Eddie Mulder, in sella alla sua Royal Enfield 500 cc. numero 249, scrive una pagina indimenticabile del motociclismo.
Eddie disputa una gara rocambolesca, fatta di cadute e danni alla moto che avrebbero portato chiunque al ritiro, non fermano il giovane che passa sotto la bandiera a scacchi lasciando tutti senza parole. In onore di quell’impresa alla Big Bear Run e dell’orso che svetta nella bandiera californiana, Royal Enfield dedica la nuova arrivata proprio a Eddie.
La moto è una scrambler stradale derivata strettamente dalla Interceptor, dalla quale eredita anche il nome che appare infatti completo sul display come “Interceptor 650 Bear”.
E’ un bicilindrico parallelo da 648 cc. in grado di erogare 47,4 CV a 7150 giri al minuto. La linea è in stile retrò come le classiche due ruote da flat track anni Sessanta, ma spicca la forcella a steli rovesciati Showa, che fa comprendere la modernità del progetto. Stessa cosa dicasi per il display TFT con navigatore di ultima generazione, interfacciabile con il sistema Royal Enfield App.
La linea è essenziale e classica, fatta di puro istinto come recita lo slogan della Casa Madre, dove emergono i portanumeri tondi in perfetto stile corsa di qualche anno fa, il grande radiatore dell’olio all’anteriore e il sistema di scarico due-in-uno sul lato destro in tinta nera opaca. Cinque sono le colorazioni disponibili, tutte con cerchi a raggi da 19 e 17 pollici, luci a led in un perfetto connubio di antico e moderno, dove la tradizione del successo di Eddie Mulder rivive oggi a più di sessant’anni di distanza.
Saliamo in sella
Abbiamo provato la Bear sulle strade genovesi grazie alla disponibilità del concessionario Bruzzo Moto, che ci ha dato la possibilità di testarla lungo le curve dell’entroterra.
Appena saliti a bordo si apprezza la posizione di guida confortevole, braccia ben distese al manubrio e triangolazione della gambe buona per piloti di media statura. Seduta comoda e accogliente, sia per il pilota che per i passeggero che ha un buon spazio sulla sella e un valido appiglio posteriore nel maniglione, dove reggersi.
Si accende il motore e il bicilindrico inglese parla con il suo tono sommesso, ovviamente ovattato dalle stringenti normative anti inquinamento Euro 5+ ma comunque gradevole. Si parte con un cambio dagli innesti ottimi e immediati, lo stesso dicasi per i freni, entrambi a disco singolo, pronti e adatti alle prestazioni del mezzo.
La Bear, che monta pneumatici dual porpouse, rendono la moto in grado affrontare anche strade sterrate di media difficoltà. Buona la tenuta di strada e la confidenza immediata che comunica il mezzo nella sua totale godibilità e semplicità d’uso. Abbiamo affrontato le curve in salita in direzione di Serra Riccò, dove la moto ha espresso una grande brillantezza nel propulsore che, nonostante la cavalleria consona alla cilindrata, appare sempre pronto ed elastico, quasi come se la potenza fosse superiore.
Un motore assolutamente regolare, mai eccessivo o scorbutico, nato esattamente per far provare al pilota il piacere di guida curva dopo curva senza mai esagerare. La Bear è salita quindi nel cortile del castello di San Cipriano dove si è messa in posa davanti ai mattoni rossi della costruzione che, complice un cielo terso di un azzurro intenso, ha trovato il fondale perfetto per uno scatto importante. E poi ancora su, verso il Santuario della Vittoria, al culmine del Passo dei Giovi dove la moto si è posizionata accanto al cannone della seconda guerra mondiale, quasi a ricreare il logo antico della Royal Enfield, dove appare appunto un cannone con la frase “Made like a gun”.
Il piccolo tour è terminato con la discesa del passo, curve e controcurve notissime agli appassionati di due ruote che qui, negli anni ruggenti del motociclismo, hanno seguito più di una gara in salita. Il giro termina con la considerazione che la nuova moto targata Royal Enfield è un mezzo semplice ed abbordabile per un vasto pubblico di appassionati, un mezzo ben costruito e rifinito ad un prezzo molto accessibile. Un veicolo che porta con sé una storia importante, in grado di soddisfare davvero tanti motociclisti e motocicliste. Roberto Polleri (Foto di Marco Patrone)
Si ringraziano Cesare Carola e Enrico Piano di Royal Enfield per aver dato la possibilità di fare questo test ride. Grazie infine a Fabio Bruzzo di “Bruzzo Moto” concessionario Royal Enfield di Genova per aver messo a disposizione la Bear 650.
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