I genovesi Angela e Pietro Cereseto furono uccisi il 29 aprile del 1945, all’età di 19 e 17 anni, da un gruppo di partigiani a Bolzaneto.
Secondo alcuni storici e testimonianze, la colpa che costò la vita a Pietro, milite volontario della GNR Ferroviaria, fu quella di essersi fermato a parlare in tedesco con un soldato della Wehrmacht.
Il 25 aprile 1945 fu arrestato a casa sua a Bolzaneto e portato in un campo di prigionia partigiano, ai piedi della collina di Geminiano, in Valpolcevera, dove fu picchiato a sangue.
Dopo alcuni giorni di silenzio, la sua mamma si preoccupò e mandò sua sorella “Angelita” a cercarlo per portargli viveri e indumenti.
Lo trovò e lo vide in uno stato talmente pietoso, con lividi e percosse in tutto il corpo, da suscitare una rabbia e una violenta reazione nei confronti dei partigiani colpevoli di avere ridotto così suo fratello.
La presero, la picchiarono e la seviziarono con una ferocia tale da provocare la reazione di Pietro alle violenze e allo stupro.
Il 19enne, con la forza della disperazione, riuscì a strappare il mitra dalle mani di un partigiano e a uccidere uno dei carnefici della sorella.
Fu la sua e la loro condanna a morte.
Pietro e Angela vennero barbaramente uccisi sul posto e ora riposano al cimitero della Biacca a Bolzaneto.
Il padre, Lorenzo Cereseto, che conosceva l’identità degli assassini dei propri figli, fu sequestrato dai partigiani e scomparve.
Ieri una delegazione di CulturaIdentità Genova e di Orizzonti Identitari si è recata per una pulizia e un omaggio alle tombe dei Cereseto e di Giuseppe Cambiaggio e del figlio Camillo di 16 anni “vittime della guerra civile”.
“La mattanza – hanno spiegato – che dal 25 aprile si prolungò fino ad agosto inoltrato, raggiunse, solo a Genova Bolzaneto, le oltre 150 vittime, di cui solo 80 identificate e la metà della quali costituita da civili, donne, adolescenti, commercianti, anziani”.
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